I politici si
dividono in almeno quattro categorie: quelli onesti (che sono più di
quelli che comunemente si dice), quelli onesti e preparati (che invece
sono davvero pochissimi); quelli che impiegano la maggior parte del loro
tempo a fare propaganda per sé e per il proprio partito; e quelli che,
facendo propaganda, sono talmente spudorati da far capire che ritengono
tutti gli altri poco più che scemi.
Renzi appartiene indubitabilmente a
quest’ultima categoria. Come tutti coloro che sono abituati a falsare la
realtà, sa benissimo che bisogna sempre cominciare dicendo qualcosa di
vero e, infatti, lui comincia con una realtà palmare, che già tutti
conoscevano: ammette, infatti, di avere sbagliato nel personalizzare il
referendum. Glielo avevano detto tutti, ma a negare anche ben oltre
l’evidenza erano sempre lui e, tra i tanti obbedientissimi, soprattutto
la ministra Boschi alla quale, però, bisogna dare almeno un’attenuante,
visto che dopo quello che ha detto ieri («Chi vota no offende il
Parlamento», che ha avuto bisogno di una spiegazione da parte del suo
ufficio stampa e propaganda: «Si riferiva soltanto alla sinistra PD») ha
dimostrato ancora una volta che, ancor prima di imparare a scrivere una
legge, avrebbe bisogno di imparare a parlare.
Ma torniamo a Renzi che, dopo aver
detto una verità lapalissiana, ha subito riportato il tono del discorso
sul binario della propaganda più becera, quella che fa capire che chi ne
è l’autore ritiene la gente una massa di scemi e ignoranti. Renzi,
infatti, riferendosi al suo tentativo di riforma costituzionale, ha
detto con una faccia da pokerista consumato: «Pensate che bello mettere
sul fondo della povertà i 500 milioni risparmiati sui costi della
politica». Ora vi chiedo: in questo caso dareste più credito a un
presidente del Consiglio che comunque ormai ha legato il suo destino
politico all’esito del referendum costituzionale, oppure alla Ragioneria
dello Stato? Perché se siete orientati a dare maggiore fiducia a un
ente che non è politico in quanto rimane in piedi a prescindere dai
risultati delle elezioni, allora non di 500 milioni di risparmi si
tratterebbe con lo stravolgimento del Senato, bensì di 57,7 milioni che
la Ragioneria calcola partendo – cosa che evidentemente per Renzi e
Boschi è troppo faticosa, o troppo astrusa – dal bilancio di Palazzo
Madama, da cui si evince che su un costo totale della struttura che si
aggira sui 540 milioni, gli eletti “pesano” per 98 milioni, cioè per
circa il 18 per cento. Calcolando che ai nuovi senatori un rimborso
spese (per viaggio, vitto e alloggio) bisognerà pur darglielo, i
risparmi finali si assesteranno tra il 10 e il 15 per cento, cioè
proprio tra i 50 e i 60 milioni di cui parla la Ragioneria. Molto meno
di quello che costerà il secondo turno previsto dall’Italicum e molto
meno di quello che è costata la decisione di Renzi di non voler
accorpare alle amministrative il cosiddetto “referendum sulle trivelle”.
Probabilmente quella volta era tanto distratto dalle necessità delle
compagnie petrolifere da non riuscire a pensare al fondo della povertà.
E, comunque, vale la pena di perdere parte della propria democrazia per
57 milioni che corrispondono circa a un ottavo della spesa prevista
(prima delle future revisioni) per il terzo lotto della terza corsia
autostradale, quella che va da Fossalta a Gonars?
Possiamo anche lasciar perdere il
tentativo di paragonare i sostenitori del no a Bertinotti perché a tutti
appare ridicolo il paragone a livello d’importanza tra la diminuzione
di un’ora settimanale sull’orario di lavoro e lo stravolgimento di una
Costituzione che ha salvato l’Italia dal dopoguerra a oggi arginando
spesso anche le velleità di tanti politici che, trovandola scomoda per
far diventar realtà in fretta i propri desideri, hanno tentato di
stravolgerla.
Quello che, invece, importa, è che
Renzi oggi dice – e la Boschi pedissequamente ripete – che «ora bisogna
dire la verità sul merito della riforma». E allora mi piacerebbe sapere,
chi o che cosa finora gli ha impedito di dirla, ma anche cosa finora
lui ha detto agli italiani. Poi credo sia necessario anche fissare dei
paletti perché, sul piano dell’informazione, la Rai, dopo la
sostituzione di alcuni direttori, è sempre più schierata sul fronte
renziano, mentre i giornali non possono non annotare le centinaia di
interventi istituzionali del presidente del Consiglio ai quali non
corrisponde, però, la possibilità di altrettanti momenti dedicati ai
sostenitori del no.
Ora si vede che Renzi ha trasformato
anche le Feste dell’Unità (cambiate loro il nome, per favore: non ha
più senso) in momenti di propaganda sulle sue tesi. E allora ai
sostenitori del no non resta che dire che sono totalmente d’accordo con
Renzi: «Ora bisogna dire la verità sul merito della riforma». E l’unico
modo per farla apparire, questa verità, è contrapponendo le ragioni del
no a quelle del sì. I comitati del no sono pronti a farlo, dove i
sostenitori del sì vogliono e quando vogliono, anche più volte in ogni
comune. E, proprio per rispetto della verità attendono una risposta a
questo invito.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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