Dire che non ce
lo aspettavamo sarebbe una falsità, ma da dilettanti occasionali nel campo delle
bugie non possiamo che guardare con ammirazione un vero professionista,
forse un fuoriclasse, che, dopo aver annunciato più volte ai quattro
venti che se al referendum costituzionale dovesse vincere il no lui si
dimetterebbe, ora con una faccia tosta da record afferma:
«Personalizzare lo scontro non è il mio obiettivo, ma quello del fronte
del no che, comprensibilmente, sui contenuti si trova un po’ a disagio».
So che è difficile crederlo, ma non è in dubbio perché è stato scritto,
in un passaggio della sua e-news, dallo stesso Matteo Renzi.
Purtroppo stiamo già vedendo altri
segnali di quella che Renzi renderà una lotta fatta di colpi bassi
possibili per chi ha il potere in mano (stanziamenti ai comitati del sì
dai gruppi parlamentari del PD, probabile raddoppio dei giorni di
votazione, impari distribuzione degli spazi informativi su giornali,
radio e televisioni, donazioni e bladizie, come il raddoppio degli euro
dati per ogni figlio, e tanti altri ne vedremo ancora), ma che pensi
berlusconianamente che tutto si possa dire e poi negare ci sembra
davvero eccessivo.
Dice nell’e-news: «Se vince il sì
diminuiscono le poltrone; se vince il no restiamo con il Parlamento più
numeroso e più costoso dell'Occidente». Renzi fa finta di dimenticare
che la controproposta era quella di dimezzare sia Camera, sia Senato e
che i risparmi sarebbero stati ben più consistenti.
Continua: «Se vince il sì, per fare
le leggi e votare la fiducia sarà sufficiente il voto della Camera come
accade in tutte le democrazie; se vince il no continueremo con il
ping-pong tra i due rami del Parlamento». È assolutamente vero che sarà
soltanto la Camera a votare le leggi, ma la sua labile memoria gli
impedisce di dire che, con una maggioranza assoluta ottenuta con un
premio addirittura superiore a quello già dichiarato incostituzionale
dalla Consulta, si potrebbe eliminare anche la Camera e lasciare ogni
decisione direttamente al presidente del Consiglio. Gli consigliamo,
comunque, di dare almeno un’occhiata a come funzionano le altre
democrazie occidentali perché da nessuna parte il potere non ha quei
contrappesi che ora si vogliono eliminare in Italia.
Aggiunge: «Se vince il Sì avremo un
governo ogni cinque anni; se vince il no continueremo con la media di un
governo ogni tredici mesi». Ma si guarda bene dal rilevare che con il
combinato disposto tra cosiddetta riforma costituzionale e nuova legge
elettorale, potremmo anche correre il rischio di trovarci di fronte a
governi che durino un ventennio.
E ancora: «Se vince il sì avremo
meno poteri alle Regioni; se vince il no continueremo a avere venti
burocrazie diverse per trasporti, infrastrutture, energie, promozione
turistica all'estero. Se vince il sì i consiglieri regionali non
guadagneranno più dei sindaci». E serve massacrare un’intera democrazia
per effettuare dei mutamenti che avrebbero potuto essere realizzati
senza cambiare l’intero impianto costituzionale e senza mettere a
rischio l’intera democrazia? Più di sessanta costituzionalisti e oltre
dieci presidenti emeriti della Corte Costituzionale non sono
assolutamente d’accordo con lui.
Adesso comincia il giro delle
questue: «Ho deciso – dice – che domani pomeriggio vado a Bari. Sarà
l'occasione per firmare il Patto per Bari e al mattino firmiamo il Patto
per l'Abruzzo all'Aquila e il Patto per il Molise a Campobasso». Anche
in questo ricalca pari pari la strada percorsa dal suo maestro
Berlusconi e, per coerenza non si lascia sfuggire nemmeno il “Meno tasse
per tutti”. Si chiede, infatti: «Nonostante tutto, gli italiani pensano
che le tasse siano aumentate. C'è qualcosa che non funziona, che dite?
Sapete che mi fido molto di chi riceve e segue le e-news: mi aiutate a
capire dove ho sbagliato?». Se posso azzardare una soluzione il suo
errore lo individuerei nel fatto che gli italiani non sono tutti scemi e
che per non sentire più la crisi occorrono lavoro, stipendi non
umilianti e diritti. Le promesse e il millantato credito servono davvero
a poco. Gli italiani se ne sono accorti anche con Berlusconi; perché
non se ne dovrebbero accorgere anche con lui?
Ripeto quello che ho già scritto in
altre occasioni: a me del destino politico di Renzi interessa poco o
nulla, ma mi interessa moltissimo la democrazia in Italia e, quindi, il
destino dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
Nessun commento:
Posta un commento