giovedì 19 maggio 2016

Caro PD

Caro PD. E già da queste prime parole di prammatica si capisce che questa non sarà una lettera facile: infatti sono soltanto due vocaboli ed entrambi richiedono una specificazione. Il “Caro”, infatti, lo si usa per rivolgersi alle persone cui si vuol bene, ma anche nelle lettere d’addio rivolte a chi ti ha profondamente deluso; e, per quanto mi riguarda, pur non essendomi mai iscritto al PD, l’ho quasi sempre votato e, quindi, appartengo di diritto alla schiera dei delusi. Per quanto riguarda il “PD”, poi, mi sembra obbligatorio specificare che mi rivolgo a una parte soltanto – quella dei cosiddetti dissidenti – di quel partito che continua a mantenere un nome che ormai non ha più nulla a che fare con quello portato da un raggruppamento politico che aveva tutt’altri orientamenti e ideali. Renzi si è impadronito di quel nome, ha ritenuto più comodo mantenerlo, anche per approfittare della cronica distrazione degli elettori, ma ne ha cambiato profondamente l’anima. Ed è stato tanto bravo da far restare all’interno del PD anche molti di coloro che ormai da più di due anni soffrono a restare lì dentro e si illudono di poterlo cambiare dall’interno; che, per giustificare le propria permanenza nel partito di Renzi, si accontentano di ogni pur piccolissima concessione formale più che sostanziale. È a questi che mi riferisco scrivendo “PD”.
Sono tante le cose che vorrei dire loro, ma, per brevità, mi sembra necessario citarne soltanto alcune.

La prima non può non riferirsi a Verdini. Non mi stupisce che Renzi accetti a braccia aperte l’ex consigliere di Berlusconi: porta voti, ma anche sposta a destra con decisione l’anima del PD dando una mano determinante al piano renziano del cosiddetto Partito della nazione. Mi stupisce – e mi amareggia – molto di più vedere che un personaggio come Gianni Cuperlo accetti di scendere al livello di Renzi riducendo la politica e gli ideali a mero computo elettorale: «Sono di più – dice – gli affezionati che perdiamo. Gli orfani di Berlusconi non riusciranno mai a compensarli». Ma davvero la cosa importante, anche per Cuperlo, è il risultato delle urne. Può Cuperlo accettare di illudersi di vincere, mentre in realtà perde? O, almeno, mentre perde il Cuperlo che si era mosso nella politica italiana fino a un paio di anni fa?

La seconda chiama in causa il referendum costituzionale. Matteo Renzi, nel lanciare la massiccia e ricca campagna per il sì, dice: «Non dividiamoci per questioni interne. Deve essere una battaglia unitaria». E Pierluigi Bersani come gli risponde? «Vediamo nelle prossime settimane. Ho votato sì con luci e ombre e con il patto dell’elezione diretta dei senatori, da fare subito. Ho tutta l’intenzione di votare sì. Ma la Costituzione non può essere l'oggetto con cui dividi il Paese». Cioè a Bersani, persona per cui ho votato con convinzione, davvero l’unica cosa che non va è la formula dell’elezione dei senatori? E non conta nulla il passaggio di tutto il potere a una Camera soltanto che sarà dominata da un partito che potrebbe anche non essere il PD e che, magari anche con solo il favore del 20 per cento dei votanti, si prenderà un premio di maggioranza, già condannato dalla Corte Costituzionale, che gli darà la maggioranza assoluta dei seggi? E, bontà sua, senza la minima ironia, si sente anche in dovere di sottolineare che, secondo lui, «Nel Pd ci potrà essere anche qualcuno che aderisce a comitati del no ed è legittimo che ci siano elettori che votano no».

E potremmo anche andare avanti con molte altre considerazioni sull’argomento Costituzione, ma proseguiamo con domande che riguardano tutti i parlamentari che con il loro voto permettono di rimanere in sella al distruttore del centrosinistra. Come permettete che quel signore, per propria propaganda, appiccichi il concetto di sinistra alle mille cose di destra che in realtà fa? Come fate ad accettare che l’occupazione di posti pubblici da parte degli amici del presidente del Consiglio pro tempore sia così pervasiva? Come fate a restare impassibili quando una ministra che risponde al nome di Maria Elena Boschi, davanti al voto di fiducia richiesto per il suo eventuale coinvolgimento nella vicenda che riguarda suo padre e Banca Entruria, non si sfibri nel protestare la sua estraneità e innocenza, ma, dopo poche frasi di circostanza, con un sorriso che travalica nel sogghigno, affermi che «Tanto abbiamo i numeri»? Come fate a restare impassibili e a protestarvi superiori parlando ancora di “questione morale” che, secondo Renzi, deve essere ridotta a puro calcolo di percentuale: «Abbiamo decine di migliaia di amministratori: è fisiologico che ci siano dei corrotti e dei corruttori»?

Caro PD (ribadendo tutte le avvertenze iniziali), mi sembra ovvio che, continuando così, Renzi sarà il colpevole della trasformazione del centrosinistra italiano in un guazzabuglio che tende più a destra che a sinistra e che mira a concedere al presidente del Consiglio di turno la possibilità di comandare più che di governare, ma i cosiddetti dissidenti saranno complici determinanti. Capisco che uscire dal partito possa essere una cosa difficile e odiosa, ma votare contro quello che impone Renzi, se non si è d’accordo con lui, è un elementare esercizio di democrazia. Se poi sarà lui a estromettere dal partito chi non la pensa come lui, sarà una bella prova di autocrazia che ricorderà molto da vicino quello che accade nel Movimento 5 Stelle. Se, invece, ritenete che il destino di un nome di partito sia più importante dello spirito con cui quel partito è stato fondato, allora chiedetevi perché quelli che a quello spirito avevano aderito più o meno ufficialmente dovrebbero votarvi ancora.

In questi giorni parlo molto di Costituzione e da alcuni, che evidentemente hanno recepito la spinta renziana a trasformate il referendum in plebiscito, mi sento rispondere con la domanda: «Cosa succede se Renzi perde e se ne va?» Do a voi la stessa risposta che do agli altri: «Se Renzi se ne va, il Presidente della Repubblica cercherà un’altra possibile maggioranza, magari incaricando questa volta qualcuno che è stato davvero eletto; se non ci riuscirà convocherà le elezioni e sarà il popolo a decidere secondo la legge elettorale che sarà in vigore dopo il responso della Consulta sulla legittimità costituzionale dell’Italicum. E comunque non credo proprio che Renzi sia l’unico italiano in grado di guidare degnamente un governo. Quanto al destino del PD, mi domando: cosa potrà accadere se non si spacca il PD, ma si spacca la nazione?».

Dubito che qualcuno dei diretti interessati al “Caro PD” leggerà questi miei pensieri, ma se lo dovesse fare, lo invito a meditare bene perché la complicità non è molto diversa dalla colpevolezza.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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