Ci
sono poche parole più equivoche e potenzialmente più pericolose del
pronome “noi”; anche quando viene sottinteso. Nella società è la base
fondante di ogni concetto di razzismo e di eterofobia. In politica quasi
sempre è usato per dividere più che per unire; ed è capace di
instillare il germe della rabbia, se non della rivolta, o almeno
dell’abbandono, anche è soprattutto se è usato inconsapevolmente in
maniera sbagliata.
Un
esempio? Prendiamo Enrico Letta e la sua frase che in questi giorni è
stata ripetuta quasi ossessivamente: «Abbiamo i conti a posto». Lui, con
quel “noi” sottinteso, evidentemente vuole riferirsi all’Italia e,
quindi, a tutti gli italiani, ma il risultato che ottiene è quello
diametralmente opposto perché viene spontaneo domandarsi: chi sono
questi noi che hanno i conti a posto?
Non
gli operai e gli impiegati che continuano a ricevere – sgraditi regali
non soltanto natalizi – lettere di licenziamento o di cassa
integrazione; non i precari che non arrivano a fine mese e che neppure
hanno più il sogno di arrivare a una certa stabilità; non i pensionati
che sentono tangibilmente che la loro pensione sta perdendo potere
d’acquisto; non gli imprenditori che si muovono tra le crescenti
difficoltà di un mercato asfittico che in parte anche loro hanno
contribuito a creare; non i commercianti che risentono in maniera
visibile, con negozi semivuoti, della medesima crisi. Non, in generale,
tutti i cittadini che vedono che si continuano a promettere futuri e
ipotetici miglioramenti economici in cambio di sicure e immediate
perdite di diritti. Non i più deboli, gli ultimi, i rifugiati, che si
sentono esclusi dal tentativo di tornare alle condizioni generali di
qualche anno fa in quanto vengono trattati, anche abbastanza
esplicitamente, come fastidiosa zavorra.
Con
quel “noi” sottinteso Letta sottolinea più divisioni che unioni, fa
sentire che tra Stato e cittadini c’è una distanza sempre più tangibile e
che l’ipotetico benessere del primo non corrisponde al benessere dei
secondi; fa allontanare sempre più gente dalla politica; rende sempre
più difficile il rapporto di fiducia tra il partito di cui è esponente –
il PD – e i ceti sociali che tradizionalmente dovrebbero esserne
l’anima; crea condizioni sempre migliori per rendere più comoda la
strada ai populismi.
Il
suo “noi”, pur se sottinteso, è uno dei più chiari esempi dei disastri
che possono causare la superficialità, o la troppa sicumera, nel
parlare. Perché i disastri - anche se molti cercano di sostenere il
contrario - non avvengono soltanto nell'economia.
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