La
vittoria di Renzi è una vittoria pienamente democratica e, come tale,
va rispettata e accettata; anche se può piacere poco perché poco sa di
sinistra. E, del resto, chi sogna l’unità della sinistra e anche per
poter lavorare per questo obbiettivo ha sempre rifiutato di prendere
qualsiasi tessera di partito, il PD resta l’unico punto di aggregazione
che possa avere una massa critica capace di attirare alleanze (da non
tradire) con gli altri partiti idealmente vicini.
Pur
inghiottendo qualche boccone amaro, la parola scissione, quindi, non
deve essere nemmeno pensata, se si ritiene che la politica sia una cosa
seria per migliorare le condizioni della società e non un gioco capace
di soddisfare al massimo il proprio io.
Di
scissione all’interno della Lega parla Bossi che ancor prima delle loro
primarie aveva annunciato che, in caso di sua sconfitta, se ne sarebbe
andato a fondare un nuovo partito. Di scissione (non si sa quanto reale)
si sono visti i risultati tra i Berlusconiani e i “diversamente
berlusconiani”.
Di
scissione – e in questo caso si tratta di cosa da non dimenticare – ha
parlato Pietro Ichino dopo la sconfitta di Renzi dello scorso anno. E
non soltanto ha parlato, ma l’ha anche messa immediatamente in pratica
andando con Monti, candidandosi e venendo eletto con il suo
raggruppamento. Si potrebbe dire che sono fatti suoi, ma il fatto è che,
mentre Ichino se n’è andato verso luoghi sicuramente più a destra, le
sue idee sulle politiche del lavoro purtroppo sono rimaste ben
conficcate all’interno della parte attualmente maggioritaria del PD. E
l’esperienza insegna che normalmente la qualità delle idee non è molto
lontana dalla qualità di chi quelle idee produce e che continua a
fondare il suo pensiero su una separazione sensibile tra il concetto di
lavoro e quello di diritti, dando senza esitazioni la precedenza al
primo in caso di coincidenze difficili con i secondi.
Ora
la sua prima iniziativa, subito dopo la vittoria di Renzi, è stata
quella di scrivere sul suo sito una lettera aperta nella quale, oltre ai
numerosi riferimenti agli scritti suoi e di suo fratello Andrea e a un
linguaggio ricco di tecnicismi e totalmente ripulito da ogni traccia di
passione e compassione umana, traspare un’autocandidatura per rientrare e
rimettere a posto il PD che lui definisce «il più conservatore dei
partiti».
So
bene che la vita politica da anni si regge sulla scarsa memoria storica
degli italiani, ma, per favore, ricordate Ichino; ha tutto il diritto
di elaborare e portare avanti le sue (per me) inaccettabili idee, ma non
lasciatelo riavvicinare al PD perché – saggezza antica – le idee, come
le mele, non cadono lontane dall’albero.
Nessun commento:
Posta un commento