mercoledì 14 maggio 2025

La lezione uruguayana

José Alberto Mujica se n’è andato sei giorni prima di compiere novant’anni. Era l’ex guerrigliero tupamaro che nel 2010 è diventato presidente dell'Uruguay, un Paese che, come molti dell’America latina ha visto passare la storia sotto dittature non sempre militari, ma invariabilmente molto lontane da ogni elementare forma di democrazia.

Negli anni Sessanta Mujica entra nel Movimento di Liberazione Nazionale – Tupamaros e partecipa alla guerriglia uruguayana. Catturato, trascorre oltre dieci anni in carcere, molti dei quali in isolamento. Ne esce senza rancore, diventando un raro modello di politico etico, umile e profondamente umano che lo fa apprezzare, per la sua capacità di dialogo, dalla maggior parte degli elettori del suo Paese, che lo scelgono come presidente, e ammirare da centinaia di milioni di donne e uomini in tutto il mondo.

È stato noto per la vita lontana dal lusso: Mujica viveva in una modesta casa di campagna e si spostava su un Maggiolino di quasi quarant’anni fa. È stato uno strenuo combattente contro la corruzione e ha dato vari esempi del fatto che viveva nello stesso modo in cui pensava e parlava. Donava, tra l’altro, il 90% del suo assegno da presidente a organizzazioni non governative che aiutano i più disagiati.

Vorrei ricordare due sue frasi che mi sembrano fondamentali per capire e affrontare la tetra notte che stiamo attraversando e che prima o poi dovrà pur finire.

La prima: «Sono consapevole di appartenere a una generazione che se ne va, che si congeda. La lotta continua e deve sopravvivere». E, infatti una delle sue maggiori preoccupazioni è stata quella di dedicare buona parte delle sue energie a non far apparire sé stesso come un leader insostituibile, di quelli che ritengono necessario mettere il proprio nome nel simbolo del partito che, in definitiva, ha come primo compito, quello di mantenere il capo al potere. Infatti il suo partito, quando lui ha smesso di essere presidente e si è ritirato nella sua casetta, ha continuato a comportarsi nello stesso modo non dimenticando un comandamento di Mujica: «Lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Deve essere a favore della felicità umana; dell’amore sulla Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli, dell’avere amici, dell’avere il giusto». E il successo sociale, politico ed elettorale continua a sorridergli.

L’altra frase che dovrebbe essere scolpita nella testa di chiunque governi non “pro domo sua”, è: «Dobbiamo investire primo sull’istruzione, secondo sull’istruzione, terzo sull’istruzione. Un popolo istruito ha le migliori possibilità nella vita ed è difficile che si faccia ingannare dai bugiardi e dai corrotti». Ed è stato uno strenuo difensore dell’istruzione e della cultura perché, sottolineava, «sono le basi per difendere quei diritti che sono stati conquistati con tanto sangue e tanta fatica e che continuano a essere messi in pericolo».

Questo mio scritto è un pensiero rivolto a Mujica? In parte, perché è soprattutto un pensiero rivolto all’Italia, dove da decenni di felicità non si parla più, ma soltanto di ricchezza e di guadagno, dove sempre da decenni il settore in cui vengono effettuati costanti tagli è quello dell’istruzione e della cultura, in cui il nuovo maccartismo di Giorgia Meloni e complici impone di tagliare fuori coloro che non fanno cose che esplicitamente gradite al loro governo.

A José Pepe Mujica un reverente e commosso saluto; a voi la calorosa raccomandazione non soltanto di andare a votare al referendum dell’8 e 9 giugno, ma anche e soprattutto di impegnarsi a far andare a votare più gente possibile. Quelli che affiancano la Meloni sanno benissimo che la loro unica speranza di non perdere clamorosamente davanti ai quesiti sulla dignità del lavoro e contro la fobia nei confronti di chi non è figlio di italiani è quella che non si raggiunga il quorum. Votare è sempre un’alta forma di resistenza civile-

3 commenti:

  1. Questa è una delle tante persone che dovrebbero diventare un simbolo per tutte e tutti. Morto in sordina e umiltà come è sempre vissuto.

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  2. Grazie Gianpaolo, questo ed altri tuoi scritti mi rincuorano ogni volta che al mattino li leggo, facendomi incominciare la giornata con più entusiasmo, attenuando un po' l'avvilimento che mi prende per come vanno le cose in questo particolare momento storico. Resistere, resistere, resistere (Borrelli). Grazie. Riccardo M.

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  3. Grazie Gianpaolo per averlo ricordato, avevo sentito parlare di lui in Argentina nell '85 dopo la fine della dittatura sia in Argentina sia in Uruguay e mi colpì per il suo "pauperismo"

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