domenica 17 gennaio 2021

Un centrodestra liberale e serio

Mio Dio, quanto mi manca un centrodestra liberale e serio! Non sono impazzito e non lo vedrei certamente come elemento politico destinatario dei miei voti, ma mi manca come alternativa temporaneamente accettabile in un gioco democratico di alternanza che nel nostro Paese ha finito da decenni di essere tale per tramutarsi in un dramma che, ogni volta che si verifica, va a cancellare qualcosa di terribilmente importante: talvolta alcuni diritti a suo tempo conquistati con grandi fatiche e sacrifici, talaltra molte vite di persone più sfortunate di noi che si assumono rischi fatali pur di fuggire dalla guerra, dalle dittature, dai dispotismi, dalla fame, dall’impossibilità di guarire da malattie che da noi consideriamo ormai soltanto più che un leggero fastidio.

Questo centro destra mi manca perché oggi, se davvero esistesse, non avrei il minimo dubbio nello sperare che l’attuale presidente del Consiglio decida davvero di andare fino in fondo nella scelta di lasciar decidere il suo destino ai voti del Parlamento e poi, nel caso di crisi irreversibile, di delegare ai voti di tutti gli italiani la scelta della maggioranza per il prossimo quinquennio.

Ma quella destra non c’è e, quindi, il rischio è quello di finire nelle grinfie di Salvini e della Meloni (Berlusconi non lo cito neanche, perché sa che ormai la sua sopravvivenza dipende dagli altri e non da lui stesso), con l’inevitabile conseguenza che alla loro distintiva ferocia nei confronti degli ultimi e dei (anche politicamente) diversi, si aggiungerebbe pure la conclamata incapacità di gestione della cosa pubblica già sperimentata e provata nei tanti governi berlusconiani e giallo-verdi sofferti in questi anni.

Se quel centrodestra ci fosse, diventerebbe concreta la possibilità di dire a Renzi che il suo bluff è fallito, che la sua pretesa di fare il dominus della politica italiana con il 2 per cento attribuitogli dai sondaggi è una cosa assurdamente presupponente, che potrà benissimo presentarsi alle urne tra qualche mese con buone probabilità di restarsene finalmente (e spererei definitivamente) a casa.

Il New York Times lo ha definito “Demolition man” (e sul “demolition” siamo perfettamente d’accordo), ma oggi, forse per la prima volta, si è accorto che, a furia di demolire – o tentare di demolire – Costituzioni, partiti, coalizioni, sentimenti politici e di “rottamare” chiunque potesse fargli ombra, questa volta si è lasciato andare un po’ troppo, tanto che ormai è probabile che tra le prossime macerie si troveranno frammenti di ex presidente della provincia di Firenze, di sindaco di quel capoluogo, di presidente del Consiglio, di transfuga dal PD per la terribile colpa di quel partito di non eseguire sempre e comunque i suoi desideri. Non per niente, dopo aver detto le peggiori cose possibili di tutti coloro che erano con lui al governo, ha deciso di far astenere sulla fiducia se stesso e i suoi servitori e di far votare favorevolmente su alcuni provvedimenti non secondari. Con l’ovvio obbiettivo di ritornare al più presto nei giochi, magari con qualche ministero, sottosegretariato e delega in più.

La cosa che colpisce, però, non è che Renzi rischi fortemente di restare con il cerino in mano: lui lo sapeva e l’azzardo è sempre stato il suo mestiere. Molto più sorprendente è il fatto che molti dei suoi accoliti si siano accorti soltanto adesso di non essere altro che piccoli strumenti nelle mani di un prestigiatore al quale non sempre riescono i suoi trucchi. Il deputato Vito De Filippo, un po’ più sveglio di altri, ha scelto di lasciare IV e di rientrare nel PD non appena ha annusato che il bluff rischiava di essere scoperto. Il povero e tremebondo Rosato, dal canto suo, afferma, tra lo stupito e lo speranzoso: «Conte, se vuole risolvere la crisi, lo fa in un pomeriggio». E la Bellanova, fedelissima ripetitrice delle parole di Renzi, sembra quasi rassegnata alle conseguenze delle azioni del suo capo: «Il Pd – dice – non cerchi vendette contro noi renziani. Siamo disponibili a stare nella maggioranza; abbiamo dimostrato che non ci interessano potere e poltrone, ma da quando abbiamo aperto la crisi siamo massacrati sui social». Che strano! Mi pareva di ricordare che fino a poche ore fa la stessa Bellanova accusava tutti, tranne Renzi, di avere aperto le porte alla crisi.

Anche se fino all’ultimo nella politica italiana non si può essere sicuri di nulla, per Renzi e i suoi figuranti sembrerebbe spalancarsi la porta dell’oblio, ma a dare loro una speranza di momentanea salvezza sono ancora Salvini, Meloni, Berlusconi con la loro protervia, o con la loro acquiescenza.

Mio Dio, quanto mi manca un centrodestra liberale e serio!

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