giovedì 21 gennaio 2021

Il potere e l’esempio

Per la maggior parte della vita ho sognato, come diceva Giorgio Gaber, «una libertà diversa da quella americana», eppure ieri, durante la cerimonia del giuramento davanti al Campidoglio, ho avvertito grande ammirazione per Joe Biden e per il popolo statunitense. Oltreoceano, infatti, i cittadini sono andati alle urne in un numero mai visto prima e sono riusciti a cacciare l’indegno Trump e il neopresidente ha cominciato il suo difficile percorso dando segnali di discontinuità incontrovertibili e di enorme significato sociale. Da noi una reazione si è vista alle ultime regionali, ma i sondaggi attuali lasciano pensare che gli emuli nostrani di quel signore vincerebbero le elezioni.

Non voglio entrare nell’elenco dei 17 ordini esecutivi che Biden ha firmato e che cancellano immediatamente molte delle brutture più inaccettabili messe in piedi dal suo predecessore, ma mi colpisce con forza il ricordo che da noi la vergogna dei decreti Salvini è rimasta intatta per lungo tempo dopo l’uscita dal governo del loro creatore e che poi, comunque, probabilmente anche per non smentire Minniti, siano stati soltanto depurati delle loro parti più inumane. Altro che discontinuità.

Ma quello che mi ha colpito di Biden è stata la decisa saggezza che ha innervato tutto il suo discorso, una decisa saggezza che ha invocato la fine della politica urlata e ha invocato la ripresa del dialogo tra diversi per trovare punti di unione e di mediazione; una decisa saggezza di cui avremmo tanto bisogno qui in Italia e che ha dimostra – ove ce ne fosse stato ancora bisogno – l’idiozia di chi pretendeva di “rottamare”, con l’unica discriminante legata all’età, chi rischiava di fargli ombra.

Quanto ci sembra lontana dagli abituali interventi dei politici nostrali una frase come «Ritroveremo autorevolezza non con l’esempio del nostro potere, ma con il potere del nostro esempio». Quanto ci appare strano sentir accusare, senza circonvoluzioni dialettiche, di razzismo i razzisti e di antidemocraticità gli antidemocratici. Quanto assurdo, dopo aver sentito invocare dignità e decenza per tutti, ci appare il nostro mondo politico in cui un figuro, che non ha limiti verso il basso e che crede di essere sempre al di sopra delle leggi, si permette di ricordare, all'interno del Senato, la frase di un altro figuro per auspicare la morte dei senatori a vita perché votano in maniera diversa dai suoi desideri. Ma anche ascoltare una signora che già aveva dato prova della sua insipienza e scarsa lucidità, quando era ministro della pubblica istruzione, chiedere che nelle vaccinazioni anticovid fosse data la precedenza alle zone in cui si crea più PIL. E pure sentire un’altra signora che pretenderebbe dal presidente della Repubblica che negasse il risultato del voto al Senato soltanto perché a lei non piace; dimenticandosi, tra l’altro che, proprio grazie a quelle stesse regole il suo partito, anche se allora aveva un altro nome, ha potuto restare al governo, pur senza avere una maggioranza assoluta.

L’invidia è un sentimento detestabile e spesso immotivato, ma mi piacerebbe davvero che anche da noi ci fosse un personaggio come Biden capace, dopo una vita passata a mediare, di essere duro e deciso nel difendere le cose che non possono essere sottoposte a mediazioni, come la democrazia, per essere chiari.

A noi manca decisamente un personaggio carismatico che sappia difendere ideali e non bilanci, che si infiammi nella difesa di chiunque e non soltanto nell’attacco ai diversi, che sappia riscaldare il cuore di chi ormai si è rassegnato a non sognare più e ad attendere, tristemente impotente, che questa maledetta notte che stiamo attraversando si avvicini alla fine.

Qualcuno ha paura che ancora una volta chi vince poi non sappia rassegnarsi che la propria vittoria non può e non deve essere definitiva ed eterna? È una paura inevitabile e giusta. Ma il sistema per cancellarla è semplice, anche se difficile: moltiplicare le persone politicamente di valore tornando a usare i partiti come scuola di democrazia e di politica e non come laboratorio per trovare soluzioni che puntino soltanto a perpetuare e ad accrescere il potere.

Fino a quando non sarà di nuovo la gente a spingere, come faceva una volta, dal basso perché siano i partiti ad adeguarsi ai bisogni della gente, e non il contrario, il nostro destino non potrà essere diverso da quello di seguire con raccapriccio le gesta di quelli che eticamente ci sono più lontani e con triste delusione i comportamenti di quelli che dovrebbero esserci più vicini.

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