A voler tracciare il ricordo di un uomo che ha avuto una vita intensa
come quella di Giulio Magrini si rischia di perdersi: troppi gli spunti
possibili, troppi gli aspetti interessanti. Per descriverlo preferisco
ricordare l’ultima occasione in cui l’ho visto di persona, poco più di
una settimana fa.
Ebbene, proprio da lui, che di
certo non si definiva credente nel senso canonico del termine, mi è
arrivato un regalo del tutto inatteso: una specie di prova
dell’esistenza di un’anima che non necessariamente è quella destinata a
un’altra, ben più lunga vita, ma che è elemento a se stante e
fondamentale nella complessa realtà di ogni uomo.
Giulio era ben conscio che stava
percorrendo i tratti finali della sua ultima strada, eppure continuava a
ragionare e a parlare come se avesse avuto ancora davanti a sé molti
altri anni da vivere. Era arrabbiato per come sta andando il mondo e per
l’erosione di diritti che sta stravolgendo il nostro panorama sociale,
ma contemporaneamente era fiducioso nel futuro e convinto che non ci si
può risparmiare se ci si vuole reimettere sulla strada di un progresso
che non sempre coincide con lo sviluppo.
Non era soltanto lucido come
sempre, ma continuava a palpitare di indignazione e a parlare di impegno
rendendo evidente la separazione tra un corpo che ormai stava finendo
di funzionare e un’anima – non riesco a trovare una definizione più
calzante – che non soltanto continuava a vivere, ma addirittura
proiettava i suoi valori, la sua coscienza, in un futuro che lui era
sicuro che non avrebbe visto e che forse non vedranno neppure molti di
noi.
Non lo faceva perché stesse
sognando un futuro migliore soltanto per i suoi cari e per gli amici: il
suo desiderio era quello di un futuro migliore per tutti; la sua
attività era sempre quella di una resistenza senza armi, ma non per
questo meno determinata e meno avversata da altri. Nelle sue parole
continuava a vibrare quella rabbia e quella determinazione che lo aveva
sostenuto nel difendere la memoria di suo padre Aulo, nome di battaglia
Arturo, da assurdi tentativi di denigrazione dettati soltanto da
desideri di protagonismo severamente puniti dalla magistratura.
Rabbia e determinazione che mi
hanno fatto ripetere le stesse domande che Giulio mi aveva fatto venire
in testa quando mi parlava di suo padre e dei suoi sogni: Come abbiamo
fatto a permettere di tradire così tanto quei sacrifici? Come abbiamo
fatto a deludere tanti sogni? Come abbiamo fatto a disattendere così
tanto quelle speranze? Giulio avrebbe voluto che queste domande non
avessero più senso.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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