La notizia che
Massimiliano Fedriga ha disertato l’inaugurazione del Mittelfest merita
sicuramente l’apertura della prima pagina del giornale: non certamente
perché sia un notizia sorprendente, ma in quanto è estremamente
descrittiva del pericolo che sta correndo questo Paese, pericolo che non
diminuisce minimamente anche se i sondaggi continuano a premiare i
deliri del ministro degli Inferni. Anzi, se possibile, aumenta perché
ricorda sempre più da vicino quanto è accaduto negli anni Venti in
Italia e nel decennio successivo in Germania. E contemporaneamente
sottolinea efficacemente ancora una volta quello che la storia, se si
volesse ogni tanto ascoltarla, ha già abbondantemente insegnato e cioè
che non sempre la maggioranza ha ragione e che non basta essere in tanti
per essere nel giusto.
Non stupisce perché, in definitiva,
il comportamento del luogotenente regionale, obbediente al “capitano”
nazionale, non si discosta per nulla da quello del sindaco udinese
Fontanini che ha dato ordine all’assessore Cigolot di tentare di
affossare vicino/lontano. Preoccupa fortemente perché ricalca strade già
percorse nelle quali sono evidenti le tracce sporche che sono
invariabilmente lasciate da ogni tentativo – riuscito o meno che sia –
di impostare una dittatura: operare con una propaganda asfissiante e
applicare la censura dove la propaganda non attecchisce.
A ogni livello il pensiero leghista
afferma che chi non appoggia il ministro degli Inferni deve tacere, o,
meglio, andarsene via. Se non lo fa, la prima reazione sarà quella di
tagliargli i finanziamenti pubblici. Poi, se insisterà, si farà ancora
qualcos’altro.
Haris Pasovic, direttore artistico
del Mittelfest non è italiano, e già questo non credo sia molto gradito a
Fedriga, ma, dimenticando di fare il suo mestiere in questa maledetta
notte italiana, ha addirittura osato dire che è meglio costruire ponti
che muri e che Carola Rackete e assolutamente paragonabile ad Antigone
la cui storia sarà il perno del festival cividalese. È evidente che un
gruppo che vive di slogan e di propaganda e che teme come il demonio il
libero pensiero non può starsene tranquillo ad ascoltare, ma deve
reagire. Il problema è che anche per reagire decentemente ci vogliono
cultura e idee e che entrambe latitano terribilmente, e non da oggi,
nella destra.
Già in partenza ci sono delle
difficoltà ineliminabili perché se nella destra il culto dell’obbedienza
occupa il primo posto nella scala liturgica, ne consegue direttamente
che il libero pensiero non può essere ammesso perché può causare dubbi e
addirittura dissensi, realtà che possono far perdere tempo all’operoso
vicepremier, che di vice ha davvero poco, o addirittura metterne
insopportabilmente in dubbio le sue geniali soluzioni.
Ma perché combattere la cultura
soltanto cercando di soffocarla e togliendole ogni finanziamento?
Semplice perché l’attuale destra non ha altri mezzi accettabili: riesce a
confezionare soltanto slogan di indubbia presa, ma di altrettanto
indubitabile vuotezza; deve assumere un intero gruppo di “pensatori”
addirittura per riuscire a confezionare un twitter che già era
terribilmente esteso con 140 caratteri e che da circa un anno e mezzo
qualche pericoloso intellettuale di sinistra è riuscito a far dilatare
fino alla complicatissima estensione di 280.
Se è vero che la cultura è qualcosa
che non si costruisce in pochi mesi e neppure in pochi anni, ma che
richiede applicazione e fatica, allora è evidente che, tranne che per
poche eccezioni, la destra non ha munizioni per combattere ad armi pari
sul piano dell’etica e del ragionamento e allora l’unico sistema è
quello di censurare, di cancellare, di proibire con il soffocamento
economico. Ne sanno qualcosa – per ora a livello di minacce, ma non
tanto aleatorie – vicino/lontano, il Mittelfest e molte altre iniziative
più piccole che si sono viste azzerare i contributi.
Ebbene anche in questo caso l’unica
via di salvezza si chiama Resistenza e consiste in un doppio impegno:
quello da parte dei protagonisti di ridurre al minimo i costi che li
riguardano e quello degli spettatori di essere presenti e, magari, se
possono, di contribuire in qualche modo alla sopravvivenza di una specie
umana che è tale soltanto se pensa e se ha una dirittura etica.
Verrebbe da estendere l’invito anche
ai 5stelle, ma come si fa a chiedere una cosa simile a chi sostiene che
la politica non è una cosa seria e che, quindi, a differenza dei
mestieri utili e importanti, deve costare poco, deve essere praticata da
sempre meno persone e che queste persone devono essere scelte non a
seconda della loro competenza, ma soltanto con una ventina di voti da
parte delle cerchie di amici più numerose?
Ricordatelo: la cultura è sempre
stata la prima vittima dei dittatori, dei loro servi e di coloro che
volevano starsene in disparte credendo di non sporcarsi le mani.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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