Il Sessantotto,
in realtà, è cominciato qualche anno prima del ’68. Il 16 giugno 1962 il
primo manifesto programmatico della contestazione studentesca, quello
di Port Huron, negli Stati Uniti, diceva: «Siamo figli della nostra
generazione, cresciuti nel benessere, parcheggiati nelle università, e
guardiamo al mondo che ereditiamo con sconforto». Eppure in quel momento
l’Occidente era la parte più ricca e libera del mondo, quasi tutti
potevano mangiare tre volte al giorno e quasi ovunque c’erano diritto di
voto e libertà di espressione. La possibilità di studiare era
cresciuta, e anche per i figli degli operai si erano aperte, finalmente,
le porte dell’università. Eppure i giovani percepivano una crescente
puzza di marcio che proprio nel ’68 si sarebbe materializzata in guerre
crudeli in Biafra oltre che nel Vietnam, in odi razziali e omicidi
politici come quelli di Martin Luther King e di Robert Kennedy, in
stragi di Stato sulla piazza delle Tre culture a Città del Messico pochi
giorni prima dell’inizio delle Olimpiadi in cui Tommie Smith e John
Carlos, alla premiazione dei 200 piani olimpici, protestano con il pugno
destro alzato, nel segno dei Black Panthers, contro la segregazione
razziale, in rivoluzioni pacifiche e repressioni armate a Praga. In
California e Francia esplosero contestazioni che si estesero a quasi
tutto l’Occidente e fecero di quell’anno un vero e proprio discrimine
tra il prima e il dopo.
Per l’Italia, poi, non si può
dimenticare che il ’68 è arrivato dopo il Concilio Vaticano II che ha
stravolto, molto più del pensabile, il mondo. Un Concilio che è stato
accompagnato dalla Mater et magistra, dalla Pacem in terris e dalla
Populorum progressio, tre encicliche gigantesche che sono andate a
incidere profondamente nel vivere sociale ancor più che nel campo
religioso e nelle quali il Sessantotto ha affondato fortemente le radici
con quelli che erano chiamati “i cattolici del dissenso” che operarono
assieme a coloro che di preti neppure volevano sentir parlare, dando
vita con loro a una specie di compromesso storico ante litteram che
appassì per la contrarietà di entrambe le istituzioni – Chiesa e Partito
Comunista – tra le quali i giovani erano convinti che ci fossero
profondi tratti sociali comuni.
Ma sarebbe sbagliato soffermarsi su
un aspetto soltanto di quell’esperienza perché non c’è stato un unico
Sessantotto come non c’è un’unica verità cui conformarsi. È stato un
movimento tanto vasto e diversificato che sarebbe assurdo soltanto
pensare di poterlo spiegare, soprattutto a coloro che per motivi
anagrafici non hanno potuto viverlo, in un articolo. Credo, insomma che,
più che del Sessantotto, sia più utile parlare del dopo ’68 e del
perché alcuni dicano: «Avevamo ragione, ma abbiamo perso». È vero, ma
solo in parte.
Avevamo tra le mani un tesoro e ce
lo siamo lasciati scippare, o comunque abbiamo lasciato che lo
rovinassero. Pensateci: alcuni hanno portato avanti con coerenza le loro
idee contribuendo al progresso generale; ma altri si sono uniformati
rapidamente al comportamento di quelli che vivevano nei posti dove si
esercita il potere. Altri ancora hanno estremizzato pensieri e
sentimenti, sbagliando nello scegliere il vicolo immorale e cieco della
violenza; mentre non pochi, da implacabili contestatori, sono diventati
abili approfittatori. E altri si sono disinteressati di tutto. Infine,
ci sono i peggiori, tra i quali anch’io: gli schizzinosi, quelli che
hanno continuato a nutrire sommessamente ideali e a essere consci che
l’attività politica e sociale è fondamentale per cambiare il mondo, ma
che, per timore di sporcarsi le mani con i politici, hanno preferito
starsene fuori. Se gli altri sono stati colpevoli del peccato di opere,
questi si sono macchiati di quello di omissione, il più grave di tutti.
Eppure è stato proprio sull’onda del
Sessantotto che si sono fatti enormi passi in avanti scuotendo
un’intera società che sembrava fossilizzata e immobile: per l’Italia è
stato grazie ai mutamenti indotti dal Sessantotto che si è arrivati al
divorzio, all’aborto, al nuovo stato di famiglia, a qualche progresso
verso la parità dei sessi, a quello Statuto dei lavoratori che, a
vederlo oggi, ci fa capire quanti passi indietro siano stati fatti da
allora. Si potrebbe dire che il Sessantotto è stato una sorta di
esplosivo che ha spazzato via tutta una serie di sovrastrutture dannose
più che inutili, ma che non si era ancora maturi per maneggiare e che ci
è parzialmente scoppiato tra le mani.
L’unica vera sconfitta prende corpo e
diventa innegabile se guardiamo il panorama politico che ci circonda.
Nel ’68 si facevano assemblee non per fare bella figura in pubblico, ma
per scambiare idee, trovare punti di accordo e disaccordo, riuscire a
convincere gli altri, per fare politica nel senso vero del termine. E
oggi sentiamo giovani che si vantano di non avere mai avvicinato la
politica.
Nel ’68 sapevamo che una democrazia
non si fonda sulla forza della maggioranza, ma su quella del dissenso,
perché la maggioranza non può decidere tutto per tutti; non può essere
garante di se stessa. Il suo compito principale deve essere quello di
non togliere alle minoranze la possibilità di parlare, discutere,
influire. E oggi sentiamo parlare di governabilità.
Molte cose riesco a capire, ma non
davvero come la nostra generazione possa scusarsi per non essere
riuscita a trasmettere ai ragazzi il concetto che la politica non è cosa
di cui vergognarsi; che l’onestà è il requisito minimo, ma che servono
sempre anche cultura e competenze.
E lasciatemi dire che, anche a
distanza di cinquant’anni, sentir parlare di “reduci del Sessantotto” è
inaccettabile: i reduci sono coloro che hanno finito di combattere,
mentre, invece, c’è ancora molto per cui darsi da fare , per portare
avanti le proprie idee; anche se sempre più sembra di correre su uno
strato di melassa vischiosa. Continuare a impegnarsi è l’unico modo per
sperare che un giorno si potrà finalmente rispondere «No!» alla
drammatica e bruciante domanda di padre Turoldo: «Sperare sarà sempre
uno scandalo?».
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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