Mentre i greci
stanno votando per decidere il loro futuro - non soltanto economico -
colpisce ancora una volta molto profondamente come le medesime parole
possano trovare apparentemente tutti d’accordo, ma, in realtà, facciano
da paravento a significati del tutto opposti.
Prendete la frase «Il baratro si
evita facendo le necessarie riforme» e mettetela in bocca a tutti gli
attuali esponenti della destra che sono al potere in campo politico e/o
finanziario e che la stanno ripetendo come un mantra: Angela Merkel,
Mariano Rajoy, Jaen-Claude Juncker, Matteo Renzi, Christine Lagarde,
Paul Thomsen, Wolfgang Scheuble, Jeroen Dijsselbloem. Per tutti questi, e
anche altri, «fare le necessarie riforme» significa partire soltanto
dalle considerazioni di bilancio e, quindi, tagliare occupazione,
stipendi, pensioni, sanità, welfare in generale e solidarietà nei
confronti dei vicini e dei lontani; e anche ridurre gli spazi di
democrazia per ampliare la possibilità di decidere, da parte di chi è in
quel momento al potere, rapidamente e senza intoppi derivanti da
fastidiosi dibattiti.
Per coloro che pensano a sinistra,
invece, il ragionamento parte andando a cercare il perché si sia
arrivati a questa situazione, che è acutissima in Grecia, ma non lascia
tranquille anche molte altre nazioni. E allora balza agli occhi il fatto
che gli unici che vengono puniti dalle decisioni di tipo economico sono
i più poveri, che sono anche quelli che della situazione attuale non
possono portare alcuna colpa. Perché i disastri economici che stanno
angustiando il mondo da ormai troppi anni affondano le loro radici nella
corruzione di troppi sistemi economici e politici e ancor di più nella
totale mancanza di regole nella quale può impunemente agire la finanza
internazionale.
E allora «fare le necessarie
riforme» dovrebbe significare, invece, impegnarsi a ripulire la
politica, non soltanto a parole e con operazioni di facciata, ma con
azioni e scelte decise. Ma dovrebbe significare ancora di più,
cominciare a dare regole alla finanza internazionale, trovando una
accordo tra tante nazioni che dovrebbero adattarsi a lavorare assieme,
ancora meglio di come sono riuscite a lavorare assieme nella lotta
contro la malavita internazionale. E dovrebbe significare anche finirla
di dire che «lo chiedono i mercati» per il semplice fatto che “i
mercati” non sono altro che comodi paraventi dietro i quali si
nascondono “esseri umani” (se non è blasfemo usare questa definizione)
che puntano soltanto ad arricchirsi, indifferenti al fatto che spesso il
crescere del loro conto in banca corrisponde alla morte per fame,
disperazione, malattia non curata, di migliaia di persone.
Non so se in Grecia vincerà il sì o
il no. E, tutto sommato, la cosa sarà abbastanza indifferente perché a
stringere il cappio attorno al collo dei greci saranno comunque sempre
gli stessi potenti. So, però, che questo referendum segnerà un punto di
svolta in quei desideri di democrazia e di un’Europa più politica e meno
contabile che sembravano essersi definitivamente sopiti e che, invece,
pur con grandi fatiche e difficoltà riusciranno a tornare al centro
della scena.
Uso il futuro e non il condizionale
non per cieco ottimismo, ma perché è l’unico sistema possibile per
sperare in un mondo meno disumano.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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