Forse poteva
finire anche peggio, ma comunque è finita – ammesso che sia davvero
finita – decisamente male. Perché assieme alla Grecia è praticamente
morta anche l’Europa, almeno come sogno politico elaborato a Ventotene
mentre le dittature erano politiche e militari, e non ancora, come
quelle di oggi, economiche e finanziarie.
Il punto chiave di questa
situazione, ripetuto ossessivamente nelle trattative, risiede
sicuramente nella parola “fiducia” e, infatti, la dichiarazione finale
del Vertice europeo comincia così: «Il Vertice euro sottolinea
l’assoluta necessità di ricostruire la fiducia con le autorità greche
quale presupposto per un possibile futuro accordo su un nuovo programma
del meccanismo europeo di stabilità».
Fiducia, insomma, da riconquistare
da parte dei greci. Ma c’è un altro capitolo ancora più importante: come
faranno la Germania, i suoi vassalli, e tutti coloro che per debolezza
non si sono opposti davvero strenuamente, a riconquistare la fiducia di
quegli europei che ancora sognavano un’Europa davvero in grado di creare
un’Unione?
Andiamo con ordine, cominciando
dalla Grecia dove la stragrande maggioranza della gente continua a
ripetere che «Non hanno nemmeno il coraggio di buttarci fuori dall’euro.
Vogliono solo uccidere il nostro Paese cercando di fare passare la
tragedia come un suicidio». Ed è difficile dare loro torto ricordando
che, se finora i tagli e l’austerità hanno fatto peggiorare
drammaticamente la situazione, non si capisce perché altri tagli e altra
austerità dovrebbero far migliorare la situazione.
Appare poi evidente che qualsiasi
cosa sia costretto a fare Tsipras, pur godendo di grandissima
popolarità, renderà ancora più profonde le divisioni nel Paese e ancora
più larghe le spaccature nel partito. Senza andare a scomodare i ricordi
delle Termopili, appare evidente che l’oltre 60 per cento dei greci che
hanno votato “No” al referendum preferisce soccombere dignitosamente
piuttosto che morire per umiliazione e inedia, ma è anche altrettanto
chiaro che Germania e complici puntano sul fatto che nel Parlamento può
costituirsi un’altra maggioranza, senza consistenti fette di Syriza, ma
con il determinante apporto di Nea Demokratia e del Pasok, proprio i due
partiti che sono i responsabili del disastro economico di Atene, ma
anche quelli con cui i maggiorenti economici europei potevano fare quei
grandi affari che, evidentemente, puntano a fare ancora, visto che nella
dichiarazione finale-diktat del Vertice non soltanto si impongono molte
privatizzazioni, ma si precisa anche che «le attività greche di valore
saranno trasferite a un fondo indipendente che monetizzerà le attività
attraverso privatizzazioni e altri mezzi. La monetizzazione delle
attività sarà una fonte del piano di rimborso del nuovo prestito e nel
corso della durata del nuovo prestito genererà un importo obiettivo
complessivo pari a 50 miliardi di Euro, dei quali 25 miliardi saranno
usati per il rimborso della ricapitalizzazione delle banche e altre
attività, mentre il 50% di ogni euro restante (ossia il 50% di 25
miliardi di Euro) sarà usato per ridurre il debito in rapporto al PIL e
il restante 50% sarà usato per gli investimenti. Tale fondo sarebbe
stabilito in Grecia e gestito dalle autorità greche sotto la
sorveglianza delle pertinenti istituzioni europee».
È evidente che a questi signori dei
cittadini della Grecia non importa nulla. Importa dei soldi e delle
privatizzazioni che aprono nuove autostrade di arricchimento per i più
ricchi, magari dei Paesi cosiddetti “virtuosi”.
Patetico è il presidente della
Commissione Ue, Jean Claude Juncker, che tenta di negare l’umiliazione
della Grecia dicendo che «In questo compromesso non ci sono né vincitori
né sconfitti. Non penso che i cittadini greci siano stati umiliati, si
tratta di un accordo tipicamente europeo». Se così fosse dovrebbe essere
querelato per uso improprio e offensivo di un termine – “europeo” – che
per milioni di cittadini del vecchio continente ha ancora un valore
sacrale.
E altrettanto patetico è anche
Matteo Renzi che resta costantemente fuori dalla stanza in cui si decide
davvero e che ora tiene un profilo di dichiarazioni molto basso,
limitandosi praticamente alla cronaca con un «È stata una nottata di
grande impegno e anche di qualche tensione», ma è stato raggiunto «un
accordo importante che in molti momenti della nottata non è apparso
scontato». Poi dice che la Germania non è despota, forse ricordando che è
stata cancellata, da una prima versione già resa pubblica,
l’imposizione che l’eventuale “Sì” del Parlamento di Atene avrebbe
dovuto essere sottoposto all’ulteriore accettazione dei Parlamenti della
Germania, ma anche di Austria, Finlandia, Slovenia, Estonia e Olanda, i
Paesi più amici della Merkel e di Scheuble. A proposito di democrazie
che non hanno maggior valore di altre.
Dell’Europa che esce da questo
Vertice a un europeista convinto non può importare niente: è un
simulacro vuoto che di Europa porta solo il nome, che non ha né dignità
sociale (i soldi ai creditori prima che la vita ai vivi), né dignità
etica (con il recupero dei corrotti e dei corruttori, pur di potersi
comperare la Grecia intera), né dignità politica (con l’allontanamento
sempre più deciso da un concetto di parità tra nazioni che concorrono a
costituire un’Unione e con l’ascolto dei voleri dei cittadini).
Oggi sembra quasi inevitabile stare
vicini alla Grecia e stare lontani da questa sedicente Europa per
tornare a sognarne una totalmente nuova e davvero degna di tal nome. Non
sarà facile, ma è proprio in questi momenti che chi crede nella
democrazia non deve dimenticare che le uniche armi possibili, ma anche
potenti, sono l’espressione pubblica del proprio pensiero e il voto.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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