Comunque dovremo
essere grati ai greci perché, rimuovendo parte degli spessi strati di
cerone autocelebrativo che da sempre accettiamo, ci hanno costretti a
guardarci in faccia con più attenzione e a vedere quante cicatrici
deturpano il volto dell'Europa.
Un punto estremamente importante,
per esempio, è stato portato alla luce dalla smania di ridurre la
portata politica del referendum greco. È con questo scopo, infatti, che
uno dei padri dell'Europa, Jacques Delors, fortemente e giustamente
preoccupato che la sua creatura possa andare in frantumi, ha affermato,
riferendosi al referendum, che «la sua legittimazione democratica non è
superiore alla legittimazione democratica delle istituzioni della UE». E
Jaen-Claude Juncker si è affrettato a raccogliere il passaggio
ampliandone la portata e dicendo che «nessuna democrazia europea ha più
valore di un'altra».
In apparenza sono dichiarazione
ineccepibili, ma le prime crepe - e profonde - di opportunismo politico
apparirebbero evidenti già se qualcuno chiedesse a Juncker se aveva in
testa il medesimo comandamento di uguaglianza quando, da premier del
Lussemburgo, aveva furtivamente trasformato il suo Paese in un paradiso
fiscale facendo il danno degli altri Paesi dell'Unione e,
conseguentemente, delle loro democrazie.
Ma anche nelle parole di Delors c'è
qualcosa che non va; e per vari motivi. Intanto la BCE, assoluta
protagonista di tutte le vicende economiche europee non ha assolutamente
nulla che fare con la democrazia perché è formalmente indipendente
dalla politica e, quindi, svincolata dalla democrazia, ma ovviamente
esposta alle pressioni dei più potenti e, quindi, ancora più
evidentemente lontana dal potere popolare.
Delors, poi, non può ignorare che la
democrazia europea è ancora qualcosa di largamente incompiuto.
Basterebbe pensare che l'unico organo eletto direttamente dalla
popolazione è il Parlamento Europeo che normalmente si occupa di quote
agricole, rapporti internazionali con Paesi lontani, regolamenti
interni, di formaggi da fare senza latte e di altre amenità simili. In
questo momento, tanto per capirci non affronta le questioni greche (di
cui si occupano i vertici dei premier e i subvertici dei ministri
economici), né di problemi dei migranti (di cui parla - dire "occupa"
sarebbe davvero eccessivo - la Commissione europea), né del fatto che la
Tunisia, praticamente unico Stato laico e democratico del mondo arabo, e
per di più affacciato sul Mediterraneo, sia attaccato e quasi
assediato, anche dall'interno, dai terroristi del califfato dell'Is (di
cui non parla proprio nessuno). E non è certamente casuale la scelta
politica di Tsipras di deludere i premier europei non presentando
immediatamente loro il piano richiesto, ma di voler rivolgere il suo
discorso direttamente al Parlamento europeo, l’unica istituzione dell’UE
che abbia almeno una parvenza di democrazia.
In questo quadro appare tragicamente
buffo che qualcuno possa arricciare il naso sollevando dubbi di
legittimità davanti al valore di un referendum che - giova ricordarlo -
soltanto marginalmente si è occupato di questioni economiche e di
trattati internazionali (materie consuetudinariamente, ma non molto
democraticamente vietate alle consultazioni popolari), mentre in realtà
ha posto un quesito sulla vita, o la morte, di un intero popolo, di un
intero Paese.
Lasciate pur perdere le
folkloristiche recite di Grillo che ora inneggia a Tsipras e fa finta di
non vedere le differenze abissali che corrono tra il referendum greco e
le consultazioni tra qualche migliaio di suoi amici, via internet e
senza alcun controllo esterno, che lui pomposamente chiama «democrazia
diretta». Non badate alle intemerate populistiche di Salvini secondo cui
qualunque cosa accada, dal nascere del sole alle cose più complicate
del mondo, succede solo per dare ragione alle sue teorie di esclusione,
anche se Salvini stesso dal resto del mondo non è minimamente
considerato, se non addirittura disdegnato. E, per carità di patria,
dimenticate pure Renzi che prima parla superficialmente di «un derby tra
dracma ed euro» e poi, con sommo sprezzo del ridicolo, si propone come
mediatore per risolvere, con la profondità e lungimiranza del suo
cosiddetto "pensiero", la spinosa situazione.
Indignatevi, invece, perché la
Commissione europea decide di mandare "aiuti umanitari" fatti di cibo e
medicine non a una nazione del terzo mondo, ma a un Paese che è stato la
culla della civiltà europea, che è stato compromesso dall'incapacità e
dalla corruzione dei suoi vecchi governanti e che è stato ridotto alla
fame proprio da coloro che ora vogliono presentarsi come "salvatori" con
qualche pacco di pasta in mano. Arrabbiatevi anche perché la Germania
dice alla Grecia: «Parliamo pure, ma tanto a Berlino abbiamo già tutto
deciso», con buona pace per la democrazia delle istituzioni europee
evocate da Delors e Juncker. E indignatevi pure perché in tutto questo
vortice di disastri l'unica a essere scomparsa ad alti livelli -
praticamente dappertutto tranne che in Grecia - è la sinistra di cui
alcuni si sono impadroniti del nome, ma il cui camuffamento, a meno che
proprio non si voglia tenere gli occhi chiusi, non può resistere nemmeno
per brevi periodi.
Ma su questo torneremo a breve.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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