Sarebbe stupido illudersi che dal
momento successivo alla sua giusta ed eccessivamente ritardata
espulsione con ignominia dal Senato, di Berlusconi si possa non sentir
parlare più. Sicuramente noi ne faremmo a meno, ma saranno certamente
lui e i suoi ripetitori umani a non permettercelo.
Eppure sarebbe necessario distrarsi
dalle sue urla scomposte per capire che nel resto del mondo si sta
muovendo ancora qualcosa che si chiama politica. E non mi riferisco
certamente né all’ennesimo voltafaccia di Casini che, dopo aver detto
che su Berlusconi voterà diversamente da Alfano, ora, per tenersi come
sempre tutte le porte aperte, spinge per un rinvio; né ai dibattiti tra
gli aspiranti segretari del PD tra i quali l’unica cosa di davvero
politico che ho sentito la si deve a Cuperlo: «Noi siamo la sinistra,
non la parte buona della destra».
Mi riferisco alla Politica con la
“P” maiuscola che finalmente si sete risuonare nuovamente in maniera
forte, anche se l’origine è del tutto inconsueta, anche se non più
troppo sorprendente. Mi riferisco alle parole scritte da Papa Francesco
nella sua esortazione apostolica “Evangeli gaudium” con la quale pone
sulla nostra e sua strada alcuni macigni come «Devo anche pensare a una
conversione del papato»; «Questa economia uccide con la legge del più
forte, dove il potente mangia il più debole»; «Un mercato divinizzato
in cui regnano speculazione finanziaria, corruzione ramificata, evasione
fiscale egoista».
O, ancora: «La crescita in equità
esige qualcosa di più. Lungi da me il proporre un populismo
irresponsabile, ma l’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un
nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività
riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi»,
per arrivare al «dolore e nostra vergogna per i peccati di alcuni membri
della Chiesa» e a «Chiedo a Dio che cresca il numero di politici capaci
di entrare in un autentico dialogo che si orienti efficacemente a
sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del nostro mondo.
La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle
forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune» ribadendo
che «Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano
invisibile del mercato».
Vorrei proprio sapere quanti di
coloro che siedono in Parlamento leggeranno queste parole che dovrebbero
mettere completamente in ombra la fine politica di un omuncolo
megalomane, egoista ed evasore. La speranza è che d’ora in poi molti dei
nostri rappresentanti riprendano a leggere qualcosa di politica. Poi,
un po’ alla volta, forse riprenderanno anche a farla, sognando,
progettando, pensando al bene di chi bene non sta.
Potrebbe addirittura essere che un po’ di gente torni a votare.
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