martedì 12 aprile 2011

Le diverse solitudini

«Noi industriali non ci siamo mai sentiti così soli». Lo dice Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria in uno dei più violenti e potenti attacchi degli imprenditori contro quel Berlusconi che finora avevano sostenuto a spada tratta nell’attesa della realizzazione delle promesse di ancora minor tassazione e ancora maggior deregulation che l’attuale presidente del Consiglio aveva sparso a piene mani in cambio di quantità “industriali”, appunto di voti.
La prima tentazione sarebbe quella di applaudirla calorosamente perché finalmente si è decisa a confessarsi che questo governo sta portando alla rovina l’intero Paese, anche gli industriali. Ma è una tentazione che passa subito perché questo appello a non essere lasciati soli arriva con un bel po’ di cinico ritardo.
Quante famiglie sono state lasciate sole con il miserando sussidio della cassa integrazione? Quanti ragazzi sono stati lasciati soli nella loro errabonda e disperata vita da precari? Quanti si adattano a essere schiavizzati per un paio di euro l’ora, o poco più, dalla tenaglia costituita da imprenditori famelici e agenzie di lavoro interinale che sono divorate dal medesimo appetito? Quante donne sono state lasciate sole quando sono state scaricate per prime nelle riduzioni di personale? Quanti insegnanti sono stati lasciati soli, senza neppure la cassa integrazione, dopo anni di precariato? Quanti sofferenti sono stati lasciati soli con dimissioni ospedaliere frettolose perché i posti letto sono stati ridotti? E potrei continuare a lungo.
Il «Ci avete lasciati soli» della Marcegaglia mi sembra straordinariamente simile al «Non dovete lasciarci soli» detto da Maroni e dai leghisti, alle prese con migliaia di profughi di cui vogliono disfarsi, a quell’Europa che hanno sempre palesemente disprezzato.
Ma noi non siamo né industriali, né leghisti. A Emma Marcegaglia, se ne avessi il potere, vorrei dire che noi non siamo miopi come molti di loro che non hanno mai compreso che, affamando la gente, avrebbero anche tagliato buona perte delle radici che nutrono il loro mercato. Noi sappiamo che per avere uno stipendio e avere dignità bisogna avere un lavoro e che per avere un lavoro c’è la necessità che ci siano aziende che funzionano. Faremo di tutto per aiutare gli imprenditori che, tra l’altro, non sono tutti né ingordi, né socialmente insensibili. Ma, almeno, in cambio, vorremmo che una parte della loro categoria si vergognasse per come ha ridotto i lavoratori di questo Paese ben prima che la crisi globale cominciasse.
Speriamo che lo dicano perché sbagliare è sempre pesante e ammettere i propri errori solleva l'animo. E non si può far passare in secondo piano che sbagliare per un’ideale è sempre meno gravoso che farlo per una cassaforte più piena.

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