A leggere la notizia che i cattolici integralisti attaccano l’arcivescovo emerito di Udine, monsignor Pietro Brollo, perché in un’intervista ha dichiarato che «i diritti vanno riconosciuti a tutte le minoranze, gay compresi», si capisce subito che chiamarli “cattolici integralisti” è assolutamente sbagliato.
Bisognerebbe chiamarli, invece, “integralisti cattolici”, perché il loro connotato principale non è il cattolicesimo, bensì l’integralismo. Sono, insomma, eticamente molto più vicini a Osama Bin Laden che a Benedetto XVI. Sono molto più decisi a imporre con la forza l’obbedienza a parole di intolleranza scritte da uomini che dicono di parlare a nome di Dio (o addirittura alla loro interpretazione), piuttosto che a quelle di amore che sul Vangelo - per chi ci crede o dice di crederci - sono state scritte da persone ispirate in prima persona da Dio; anzi, che l’hanno proprio conosciuto direttamente in una delle sue tre persone.
Sono schiavi di quella “tentazione del bene” - magistralmente intuita e illustrata da Tzvetan Todorov - che nella storia dell’uomo ha fatto molto più danni di qualsiasi “tentazione del male”. Ma probabilmente di Todorov non hanno mai letto nulla, come sicuramente non hanno mai letto neppure qualcosa di Jean-Jacques Rousseau che ha scritto che «di tutti gli attributi di una divinità onnipotente, la bontà è quello senza il quale non la si potrebbe neppure concepire».
Il vero problema, se ci si ostina a prenderli in considerazione, è che viene il dubbio che non abbiano letto con molta attenzione neppure il Vangelo.
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