Non so se la scelta della data sia frutto di una casualità, ma, se così non fosse, bisognerebbe ammettere che chi l’ha decisa è dotato di una dose di humor nero decisamente superiore a quello portato sullo schermo da registi come Luis Buñuel e Marco Ferreri. Il 2 novembre, infatti è stato fissato come ultimo giorno in cui il governo italiano potrà chiedere la cessazione del Memorandum d'intesa con la Libia. Se non lo farà, il 2 febbraio 2026 l'accordo verrà automaticamente rinnovato per altri tre anni.
Per capirci, il Memorandum d'intesa è quel criminale patto che, sotto la copertina che parla di lotta al terrorismo, contiene gli strumenti che l’Italia regala alla Libia – e segnatamente alla sua guardia costiera – per bloccare, magari mitragliandoli i barconi di quei disgraziati che fuggono da guerre, carestie, epidemie, dittature, per cercare di salvare sé stessi e i propri figli. Come se già non bastassero le onde del mare e le disastrose condizioni delle barche, per garantire che ci saranno quelle migliaia di annegati che fanno del Mediterraneo il più grande e affollato cimitero del globo.
Il 2 novembre, per chi non lo ricordasse è il giorno dei morti e, grazie a questa scadenza, che sicuramente il governo Meloni non vorrà usare per interrompere l’accordo, non sarà più soltanto il giorno in cui si rivolge un reverente pensiero a chi non c’è più, ma anche quello in cui già si celebreranno le altre migliaia di bambini, donne e uomini che mai riusciranno a toccare di nuovo terra da vivi,
Non posso credere che Meloni, Salvini, Piantedosi, Nordio e compagnia, dopo aver riaccompagnato al-Masri a casa con un aereo di Stato, possano pensare di interrompere il rapporto mandante-sicario con la Libia e neppure mi immagino che il pavido Tajani, pur non inneggiando alla scelta, possa distaccarsene, ma sono sicuro che questa potrebbe essere almeno un’occasione per riflettere su come noi – intesi come popolo italiano, anche se pure all’estero succedono cose molto simili – stiamo intendendo quella che una volta era chiamata “la politica” e sul perché – almeno credo – molti di noi ormai con questa politica non vogliano avere più nulla a che fare, neppure nel breve impegno che richiede un voto.
Se il sovranismo, infatti è l’atteggiamento di chi vuol far star bene sé stesso e i propri vicini, anche a detrimento degli altri, la politica è l’arte di tentare di migliorare le condizioni di vita di tutti, anche di coloro che non ci sono né parenti, né amici, né vicini. E così è evidente la ripulsa che provo nei confronti della Meloni, che invocava non soltanto l’affondamento dei barchini dei migranti, ma anche quello delle navi delle ONG che incrociavano nel Mediterraneo per salvarli, o di Salvini, orgoglioso estensore dei suoi cosiddetti “decreti sicurezza” che, tra l’altro fanno il possibile per rendere impossibile ogni soccorso nella schifosa idea che ogni nuovo cadavere annegato possa fungere da spaventapasseri nei confronti di altri disperati, o di Piantedosi, che da fedele servitore di Salvini da funzionario del ministero, continua a mantenere la medesima obbedienza anche da titolare.
E così non posso che pensare con assoluto sdegno a Conte che, pur ammettendo oggi di avere sbagliato, da presidente del Consiglio, ha controfirmato sorridendo quei decreti Salvini. E lo stesso raccapriccio provo per Minniti che è stata la mente che ha escogitato la schifezza che sta per rinnovarsi per tre anni, ma anche per Gentiloni che, da allora presidente del Consiglio, ha consentito che i piani di Minniti, che per i migranti impedivano anche un secondo grado di giudizio, diventassero realtà.
Faccio questo elenco di personaggi per me esecrabili, non soltanto per rinfrescare un po’ la memoria a coloro che mi leggono, ma soprattutto per indicare il fatto che ormai da decenni quella che ci ostiniamo a chiamare politica ha perduto la sua funzione di ricerca del bene comune perché ha rafforzato i suoi legami con l’economia e con quel rifiuto degli altri che ormai è stata ribattezzata “sicurezza”, ma soprattutto ha reciso di netto ogni contatto con l’etica.
E se la scienza, la tecnologia e l’economia prive di contenuti etici rischiano di creare problemi spaventosi, la politica senza etica è un disastro senza paragoni perché consente tutto, anche l’essere mandante di sicari che uccidono o fanno morire i più disgraziati, gli ultimi; anche di intraprendere guerre per dimostrare di essere i più forti; gli eletti.
E a questo punto, almeno per chi è più giovane e ha ancora forze intatte, non può più essere sufficiente l’andare a votare: occorre davvero fare politica, almeno manifestando esplicitamente ogni volta che si può, anche al bar, a scuola, per strada, che è l’etica a dirigere la politica. E non viceversa.





