martedì 3 giugno 2025

Gli acrobati delle norme e delle parole

L’articolo 48 della Costituzione dice: «Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico». È un testo chiarissimo, ma è già da un bel po’ di anni sul diritto-dovere di voto si esercitano i nostri migliori acrobati delle norme e delle parole.

Sui primi quattro aggettivi da abbinare al sostantivo “voto” c’è poco da dire: coloro che tentano di aggirare i concetti di personale, eguale, libero e segreto, vengono denunciati penalmente. Quello su cui i tanti furbi del nostro panorama politico effettuano le giravolte più pericolose, non per loro ma per la democrazia, è il concetto di “dovere civico”. Ne parlano come se l’aggettivo civico togliesse valore al concetto di “dovere”, mentre, invece, lo rende ancora più cogente perché sottolinea che questo dovere riguarda l’intera comunità, e cioè tutti i cittadini, perché senza senso civico nessuna comunità può restare viva, compresa una repubblica e, a maggior ragione, una democrazia che è struttura mirabile, ma delicatissima.

Va detto che in questo caso il non adempiere a un dovere, pur riguardando tutti, può essere privo di gravi conseguenze per un normale cittadino in quanto potrebbe addurre svariatissime scusanti che finirebbero per impedire ogni sanzione in quanto sarebbe impossibile accompagnarle con un giudizio: per esempio l’assenza al voto di un malato sarebbe giustificata, ma da provare.

Questo, però, non può non valere per i rappresentanti delle istituzioni che, come dice l’articolo 54 della Costituzione, oltre ad avere gli stessi doveri degli altri cittadini, visto che a loro «sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore». E non c’è alcuna disciplina, né alcun onore nel suggerire che il voto non è un “dovere civico”.

A suo tempo avevo scritto contro il comportamento dell’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, da senatore a vita, nel 2016, prima del voto sulle estrazioni di idrocarburi, aveva detto che sperare che il referendum fosse non valido per il mancato raggiungimento del quorum non è antidemocratico o anticostituzionale.

Oggi, però Meloni e complici fanno ancora peggio non soltanto invitando esplicitamente a non andare al voto, ma addirittura non rinunciando nemmeno alla possibilità di una fotografia di propaganda in più: «Vado a votare, ma non ritiro la scheda: è una delle opzioni», ha detto Giorgia Meloni.

La fantasia dei costituenti non arrivava neanche lontanamente a pensare che il diritto di voto, che contemporaneamente definivano “dovere civico”, per ottenere il quale decine di migliaia di italiani avevano sacrificato la propria vita, potesse essere non soltanto trascurato, ma addirittura irriso.

Ma sicuramente non avevano neppure previsto che a guidare il governo della Repubblica Italiana un giorno sarebbero stati dei personaggi che pervicacemente si rifiutano di affermare di essere antifascisti. E che hanno ragione di farlo perché antifascisti non sono.

Andare a votare, soprattutto in questo caso, è doveroso come “dovere civico”, ma “dovere civico” è anche spingere più gente possibile ad andare alle urne, a prendere le schede e a esprimere il proprio voto, qualunque esso sia.

 

Nessun commento:

Posta un commento