Talvolta potrebbe venire il dubbio che sarebbe meglio cancellare dalla memoria la parola fascismo ed eliminare ogni possibile riferimento che possa farla tornare alla memoria. Idea apparentemente bizzarra, d’accordo, soprattutto se espressa in coincidenza con la ricorrenza del 25 aprile, anniversario della Liberazione dal tallone del nazifascismo, ma forse potenzialmente utile.
Cerco di spiegarmi. L’articolo 12 delle Disposizioni transitorie e finali della nostra Costituzione recita: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista». Ineccepibile, ma da quella volta a oggi questo articolo è stato immancabilmente interpretato in maniera restrittiva affermando implicitamente che l’importante non è pensare da fascisti, comportarsi da fascisti, inneggiare da fascisti, fare violenza da fascisti, ma soltanto costituire un partito che sia organizzato come il fortunatamente sconfitto e cancellato Partito nazionale fascista.
E così per decenni abbiamo assistito a parole, comportamenti, inni, manifestazioni, violenze, tentativi eversivi, attentati vigliacchi e sanguinosi compiuti da fascisti, spesso addirittura in camicia nera, con il braccio teso nel teorico saluto romano, accompagnati dalle parole e dalle note di inni di cui dovrebbe essere vietata qualunque riproposizione, come in Germania è proibita la riproposizione di quelli nazisti.
E se qualcuno ha osato alzare il dito accusatore contro quei gruppi si è sempre sentito rispondere: «Fascisti noi? Ma per piacere», specificando di seguito in quali particolari non assomigliavano al fascismo del cavalier Benito Mussolini e che, quindi, non potevano essere accusati di “riorganizzazione”.
Se la parola “fascismo” non esistesse più, non avrebbero più alibi e potrebbero essere semplicemente accusati di alcuni dei tanti reati comuni che nascono dalla disumanità.
Così tutto è sempre passato senza grande interesse da parte della magistratura che praticamente mai vi ha visto quella “riorganizzazione” che, invece, appariva evidente ai più, e, purtroppo, anche senza eccessivo sdegno della popolazione che in buona parte ha sempre pensato che il rischio di un ritorno del fascismo appartenesse più al mondo della fantapolitica che a quello della realtà.
Purtroppo così non è stato e i partiti che dentro di sé nutrono grandi parti delle ideologie fasciste si sono almeno duplicati, e addirittura sono entrati al governo, opponendosi, purtroppo con successo, alla promulgazione di leggi contro le discriminazioni, praticando razzismi e disumanità assortite, assistendo quasi con soddisfazione alla morte in mare di migliaia di esseri umani, continuando a dileggiare la democrazia e a essere talmente penetranti davanti a una sinistra sempre più incerta e tremebonda, da minare addirittura la base stessa della democrazia con la teoria che la velocità nelle decisioni è più importante che il ragionamento dibattuto e, quindi, indirizzando tutta la politica alla ricerca dell’“uomo forte”, magari incapace di qualunque disegno strategico, ma apparentemente “forte”.
Poi arriva il 25 aprile, anche se il Covid per la seconda volta ci sottrae il piacere di celebrarlo insieme, e ci si trova ancora davanti a figuri che propongono di cancellare questa ricorrenza perché «divisiva», come se essere divisi dai fascisti potesse avere in sé qualcosa di sgradevole; perché non ha senso ricordare le cose brutte e allora non si capisce perché loro ricordino ancora tutte le orrende leggi fasciste, da quelle razziste in giù; perché «ormai destra e sinistra non esistono più» e allora non capisci come mai loro siano ancora lì, davanti ai nostri occhi.
E allora, ancora una volta ti rendi conto che il 25 aprile non soltanto non è da cancellare, ma, anzi, è da celebrare con ancora maggiore forza perché fa ricordare e rendersi conto che la Resistenza è ancora attuale, che l’uomo, se lo vuole davvero, può spazzare dalla terra qualsiasi forma di schifezza, ogni fascismo e ogni suo turpe rigurgito. Se lo vuole, ovviamente e se si rifiuta di cancellare la memoria e di dare spazio a quell’ipocrisia che, oltre a rendere inutile l’articolo 12 delle Disposizioni transitorie e finali della nostra Costituzione, continua a mettere in pericolo la democrazia nel nostro Paese.
Il 25 aprile è una festa nella quale è bello stare insieme, ma in cui ci si deve anche rendere conto che ognuno dei componenti di quella folla che si riuniva e si riunirà nelle piazze e nei cortei, deve fare la propria parte, in prima persona, senza deleghe, perché l’orrore di quel ventennio non possa mai tornare a galla.
Buon 25 aprile a tutti quelli che lo meritano.
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