martedì 16 giugno 2020

In ricordo di Giulio Giorello

Non è stata la prima persona che conoscevo bene a essere stata portata via dal maledetto coronavirus, ma di Giulio Giorello hanno sentito parlare in molti e merita ricordarlo non soltanto per questo, ma anche in quanto è stato un esempio prezioso di come si dovrebbe essere tutti: certi delle proprie idee e rocciosi nel difenderle, ma contemporaneamente sicuri che se non le si confronta con chi la pensa in maniera diversa, non potranno mai essere forti né le idee, né chi le ha. È stato proprio questo raro desiderio di mettersi in gioco costantemente e senza preclusioni, se non di tipo etico, a innervare una serata di qualche anno fa al Centro Balducci dove Giulio Giorello, dopo un primo appuntamento mancato per un’improvvisa malattia, aveva voluto venire per di-scuterne con don Pierluigi Di Piazza, con il professor Angelo Vianello e con me.

Nel tentare di inquadrare in breve la figura di Giorello non si può prescindere dalla base culturale sulla quale ha costruito il proprio pensiero, e quindi se stesso; una base culturale complessa e non molto diffusa: ge-neralmente definito filosofo, oltre che in filosofia si era laureato anche in matematica. E aveva confermato questa apertura sia nella sua carriera accademica insegnando materie che andavano dalla Meccanica razionale alla Filosofia della scienza, sia nei suoi interessi quotidiani che, oltre alle discipline fisico-matematiche, e a quelle storico-filosofiche, hanno toccato i vari modelli di convivenza politica, le tematiche del cambiamento scientifico e quelle delle relazioni tra scienza, etica e politica. In questo senso è stata preziosa, tra le altre, la curatela dell’edizione italiana di “Sulla libertà” di John Stuart Mill.

E forse derivava proprio da questo suo spaziare tra la speculazione del pensiero e il contatto con la materia e dal suo appassionarsi al concetto di libertà che in Giorello si era sviluppata la determinazione di voler es-sere in grado di contare soltanto su se stesso, accettando una sfida cruciale per un specie di nuovo Illuminismo, inteso non soltanto come difesa di fronte al dispotismo, ma anche come compagno di strada per coloro che ancora avvertono quel bisogno d’amore a cui non pochi danno il nome di Dio.

Importante, in questo senso, è stata la pubblicazione di “La lezione di Martini: quello che da ateo ho imparato da un cardinale”, il racconto di una grande amicizia umana e intellettuale in un vivace rapporto di col-laborazione nell’osservare con estrema attenzione le questioni esistenziali, scientifiche e spirituali che stavano a cuore a entrambi.

E questa amicizia la si poteva capire bene leggendo un altro suo libro: “Senza Dio”, sottotitolato “Del buon uso dell’ateismo”, in cui, da “ateo protestante”, Giorello non aveva mirato a tentar di dimostrare che Dio non c’è, ma a definire l’orizzonte di un’esistenza senza Dio. Una vita, quindi, capace di prescindere da qualsiasi forma di sottomissione al divino, ma soprattutto a coloro che si attribuiscono il compito di rappresentare il divino; una vita che si dipani rifiutando rassegnazione e reverenza, che ritrovi il piacere della sperimentazione nella scienza e nell’arte, e che porti alla riscoperta del gusto della libertà, specialmente quando questa appare eccessiva alle burocrazie di qualsiasi “chiesa”; credente o atea che sia.

L’argomento era stato definito da Giorello in maniera esplicita quando aveva affermato che il problema «si coniuga in maniera differente: non si tratta tanto di difendere la religione più o meno tradizionale dagli at-tacchi di arrabbiati man¬giapreti (anche se a molti non dispiace tale interpretazione di comodo), ma di impedire che i religiosi, soprattutto là dove ritengono di godere di ampie maggioranze, dettino l’agenda delle istituzioni pubbliche (Stato, regioni, comuni), invadano spazi che non competono loro e facciano scempio dei diritti dell’individuo».

Potrebbe apparire un argomento dedicato a riempire piacevoli pomeriggi di discussioni teoriche tra amici che si dilettano di giochi ginnici della mente, ma invece – vista la politica italiana che cerca suggestioni e ap-poggi da qualunque parte possano arrivare pur di arraffare qualche manciata di voti – questo diventa un elemento discriminante per la vita democratica di un Paese come il nostro in cui hanno avuto rilevanza alcuni che si sono autodefiniti “atei devoti”, o anche altri che potremmo definire “libertini pii”, entrambi aiutati da sacerdoti che erano evidentemente sordi e ciechi a intermittenza.

Giorello ha sempre parlato molto dalla differenza tra il concetto di autorità e quello di autorevolezza: il primo dipende dall’apparire, il secondo dall’essere e proprio in questo senso aveva ribadito i suoi cinque punti fondamentali della libertà di pensiero e, quindi, di vita. Il primo è il rifiuto dell’idea di “reverenza” perché ogni rappresentante di qualsiasi religione, o ideologia, non ha più diritto di parola degli altri. Il secondo è contro la “rassegnazione” perché è difficile accettare l’idea che il male sia un castigo meritato e che con il dolore si acquistino meriti. Il terzo è contro qualsiasi “autorità” voglia ostacolare la ricerca scientifica deificando l’ignoranza. Il quarto si oppone alla “proibizione” per ridurre e non ad aumentare i divieti nella sfera privata delle persone. Il quinto, infine, è contro la “sottomissione” e si sofferma sull’impossibilità delle prove di esi-stenza e di non esistenza perché, pur essendo alcune veri capolavori di intelligenza, si reggono su premesse del tutto aleatorie. E, quindi, non si può scalfire né il diritto a credere né quello a non credere.

Giorello, insomma, è stato un pensatore capace di rivolgersi a tutti, affrontando senza esitazioni il concet-to di principi “non negoziabili” e altri momenti spinosi del pensiero, ma anche con la capacità di rivolgersi a tutti presentando non soltanto in maniera piana argomenti decisamente complicati, ma anche con l’attenzione di renderli appetibili già nel primo impatto e a tale proposito non si può dimenticare il suo “La filosofia di Topolino”.

Ci mancherà davvero molto.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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