venerdì 28 giugno 2019

I due lati del filo spinato

Nel 1994 fu edito in Italia un libretto che fece molto discutere. “Cattiva maestra televisione” era il suo titolo e il suo saggio principale era di Karl Popper, drastico nell’accusare questo mezzo di comunicazione: «Se le nuove generazioni – ha scritto – vengono martellate da una programmazione televisiva irresponsabile, che mostra loro migliaia di omicidi fin dalla più tenera età, è prevedibile che la loro propensione alla violenza si innalzi, poiché la considereranno un fatto normale. E la nostra civiltà, il cui progresso è consistito soprattutto nella riduzione della violenza e nell’ampliamento della tolleranza, rischierà un’inversione di marcia tale da mettere in pericolo la sua stessa esistenza».

Le reazioni non furono entusiastiche: la più violenta fu ovviamente quella di Berlusconi che interpretò questa frase come un attacco diretto a se stesso e alle sue televisioni, ma molti commentatori rreputarono questa idea quantomeno esagerata perché ritenevano impossibile che tanta gente mandasse tranquillamente il proprio cervello all’ammasso senza un soprassalto di ribellione etica, o di critica a quello che vedevano.

Oggi, a 25 anni di distanza, dopo che la televisione è riuscita a superare qualsiasi mirabolante record precedente in fatto di cattivo gusto, e che a sua volta è stata surclassata, sempre in questa classifica negativa, dai social network, sarebbe il caso da dare a Popper l’onore di una assoluta lucidità profetica. E, infatti, stiamo assistendo, sgomenti, a proposte di innalzamento di muri, anche qui, nella nostra regione, per impedire ai migranti di entrare in Italia e abbiamo già visto approvare leggi che praticamente non danno limiti alla legittima difesa non soltanto di se stessi, ma anche del proprio patrimonio. E così vediamo governi che vorrebbero punire chi salva una persona che sta annegando senza permesso di soggiorno e che danno tutta la loro solidarietà a chi spara da un balcone e colpisce a morte nelle schiena un ladro che sta fuggendo.
 

Non stiamo più riducendo la violenza, né stiamo ampliando la tolleranza; anzi, stiamo aumentando la prima e stiamo abolendo la seconda in un parossismo di avversione verso chi arriva da fuori, o comunque “disturba”.

È terribile sentir parlare di muri da costruire, di fili spinati da tirare, per definire i territori dell’inclusione e dell’esclusione. È incredibile assistere a con quanta indifferenza viene accettata l’idea che ci si avvicina alla cancellazione dei benefici che aveva portato l’abolizione delle frontiere all’interno dell’Area Schengen. È avvilente constatare che ancora oggi un filo spinato lo si vede soltanto dalla parte che ci sembra più comoda: lo tiriamo per impedire ad altri di entrare nel nostro territorio e non ci rendiamo conto che contemporaneamente impediamo anche a noi di uscirne.

E intanto assistiamo inerti anche ad altre brutture, come quelle di un ministro degli inferni che parla di legalità violata da altri, mentre lui viola sistematicamente la legge fondamentale, quella cui ogni altra legge deve conformarsi e che all’articolo 10 recita: « Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». Ma per avere quel diritto deve poterlo chiedere e l’uomo innamorato delle divise non glielo permette neppure.

Un altro grande studioso della comunicazione, John Condry, ha scritto in “Ladra di tempo, serva infedele”, che «la televisione vive nel presente, non ha rispetto per il passato e ha scarso interesse per il futuro; incoraggia atteggiamenti che possono essere disastrosi visto che una delle funzioni primarie dell’istruzione, sia a casa, sia a scuola, è proprio quella di collegare il passato con il futuro e di mostrare in che modo il presente discenda da ciò che lo ha preceduto, e in che modo il futuro sia legato a entrambi». E noi, invece, ormai viviamo soltanto in un presente cannibale e angosciante che impedisce anche quelle speranze che in altri periodi ci avevano permesso di andare avanti.

Ma non sentitevi assolti perché pensate che tutta la colpa debba essere ascritta alla televisione e alle sue storture. Anzi: oltre ad avere la colpa di aver permesso che andasse al potere un governo così immondo, abbiamo anche il rimorso di aver permesso, con ascolti mai crollati e con pochissime proteste, che la televisione, con non troppo numerose anche se lodevolissime eccezioni, avvolgesse la nostra società come in un recinto di filo spinato che assomiglia non a una fortezza che si difende, ma a un lager nel quale ci stiamo rinchiudendo da soli.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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