Nel 1994 fu edito in Italia un libretto che fece molto discutere. “Cattiva maestra televisione”
era il suo titolo e il suo saggio principale era di Karl Popper,
drastico nell’accusare questo mezzo di comunicazione: «Se le nuove
generazioni – ha scritto – vengono martellate da una programmazione
televisiva irresponsabile, che mostra loro migliaia di omicidi fin dalla
più tenera età, è prevedibile che la loro propensione alla violenza si
innalzi, poiché la considereranno un fatto normale. E la nostra civiltà,
il cui progresso è consistito soprattutto nella riduzione della
violenza e nell’ampliamento della tolleranza, rischierà un’inversione di
marcia tale da mettere in pericolo la sua stessa esistenza».
Le reazioni non furono
entusiastiche: la più violenta fu ovviamente quella di Berlusconi che
interpretò questa frase come un attacco diretto a se stesso e alle sue
televisioni, ma molti commentatori rreputarono questa idea quantomeno
esagerata perché ritenevano impossibile che tanta gente mandasse
tranquillamente il proprio cervello all’ammasso senza un soprassalto di
ribellione etica, o di critica a quello che vedevano.
Oggi, a 25 anni di distanza, dopo
che la televisione è riuscita a superare qualsiasi mirabolante record
precedente in fatto di cattivo gusto, e che a sua volta è stata
surclassata, sempre in questa classifica negativa, dai social network,
sarebbe il caso da dare a Popper l’onore di una assoluta lucidità
profetica. E, infatti, stiamo assistendo, sgomenti, a proposte di
innalzamento di muri, anche qui, nella nostra regione, per impedire ai
migranti di entrare in Italia e abbiamo già visto approvare leggi che
praticamente non danno limiti alla legittima difesa non soltanto di se
stessi, ma anche del proprio patrimonio. E così vediamo governi che
vorrebbero punire chi salva una persona che sta annegando senza permesso
di soggiorno e che danno tutta la loro solidarietà a chi spara da un
balcone e colpisce a morte nelle schiena un ladro che sta fuggendo.
Non stiamo più riducendo la violenza, né stiamo ampliando la tolleranza;
anzi, stiamo aumentando la prima e stiamo abolendo la seconda in un
parossismo di avversione verso chi arriva da fuori, o comunque
“disturba”.
È terribile sentir parlare di muri
da costruire, di fili spinati da tirare, per definire i territori
dell’inclusione e dell’esclusione. È incredibile assistere a con quanta
indifferenza viene accettata l’idea che ci si avvicina alla
cancellazione dei benefici che aveva portato l’abolizione delle
frontiere all’interno dell’Area Schengen. È avvilente constatare che
ancora oggi un filo spinato lo si vede soltanto dalla parte che ci
sembra più comoda: lo tiriamo per impedire ad altri di entrare nel
nostro territorio e non ci rendiamo conto che contemporaneamente
impediamo anche a noi di uscirne.
E intanto assistiamo inerti anche ad
altre brutture, come quelle di un ministro degli inferni che parla di
legalità violata da altri, mentre lui viola sistematicamente la legge
fondamentale, quella cui ogni altra legge deve conformarsi e che
all’articolo 10 recita: « Lo straniero, al quale sia impedito nel suo
paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla
Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della
Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge». Ma per avere
quel diritto deve poterlo chiedere e l’uomo innamorato delle divise non
glielo permette neppure.
Un altro grande studioso della comunicazione, John Condry, ha scritto in “Ladra di tempo, serva infedele”,
che «la televisione vive nel presente, non ha rispetto per il passato e
ha scarso interesse per il futuro; incoraggia atteggiamenti che possono
essere disastrosi visto che una delle funzioni primarie
dell’istruzione, sia a casa, sia a scuola, è proprio quella di collegare
il passato con il futuro e di mostrare in che modo il presente discenda
da ciò che lo ha preceduto, e in che modo il futuro sia legato a
entrambi». E noi, invece, ormai viviamo soltanto in un presente
cannibale e angosciante che impedisce anche quelle speranze che in altri
periodi ci avevano permesso di andare avanti.
Ma non sentitevi assolti perché
pensate che tutta la colpa debba essere ascritta alla televisione e alle
sue storture. Anzi: oltre ad avere la colpa di aver permesso che
andasse al potere un governo così immondo, abbiamo anche il rimorso di
aver permesso, con ascolti mai crollati e con pochissime proteste, che
la televisione, con non troppo numerose anche se lodevolissime
eccezioni, avvolgesse la nostra società come in un recinto di filo
spinato che assomiglia non a una fortezza che si difende, ma a un lager
nel quale ci stiamo rinchiudendo da soli.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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