E se, tanto per
cambiare, cominciassimo a parlare del vero problema della sinistra che,
guarda caso, è contemporaneamente il grande vantaggio sia della destra
che prospera su egoismo ed eterofobia, sia del grillismo che lucra sulla
diffusa e pur giustificata insoddisfazione generale facendo credere che
si possa vivere senza un ideale sociale e politico? Perché quello che
distrugge la sinistra e contemporaneamente esalta il conservatorismo e
tutti i populismi è la scelta di guardare soltanto al presente con
l’inevitabile conseguenza che si finisce per non pensare più a un futuro
che sia lontano da noi di più di qualche mese.
Quella di una sensibile perdita del
nostro rapporto con il tempo è una realtà incontestabile, tanto che la
si nota anche nell’impoverimento della nostra lingua che, tanto per fare
un esempio, sta perdendo la capacità di percepire le sfumature tra
imperfetto, passato prossimo e passato remoto e sta vedendo usare sempre
più diffusamente il cosiddetto presente storico. Ma ancor più grave,
dall’altra parte della scala, è la quasi totale scomparsa del futuro
anteriore che indica fatti che sono considerati come compiuti, ma che
devono ancora verificarsi perché si trovano nell’ambito dell’avvenire.
Il futuro anteriore, insomma, indica i propri progetti, le proprie
determinazioni, tanto da diventare, prendendo in prestito il titolo di
un libro di Michela Murgia, un vero “futuro interiore” in quanto è il
momento in cui siamo noi a confrontarci con noi stessi, mettendo in
evidenza sogni e desideri e confrontandoli con la volontà di
realizzarli.
Viviamo, insomma, in una specie di
presente ipertrofico che cannibalizza il passato – che può disturbare
con i suoi ammonimenti – e che nasconde il futuro le cui problematiche
potrebbero distrarci, o addirittura allontanarci drasticamente
dall’impegno di trarre il massimo godimento possibile dal momento che
stiamo attraversando.
E se questo fa il gioco della destra
che vuole consolidare poteri e tradizioni cancellando molte questioni
che la metterebbero in crisi, ma anche dei populismi che tentano di
procedere a colpi di teatro che ben poco hanno a che fare con il
progresso reale di una società, per la sinistra, che nasce proprio per
trovare nuove strade che allarghino i campi della giustizia, della
solidarietà, dell’uguaglianza, una scelta rivolta principalmente al
presente corrisponde a un suicidio senza scampo in quanto comporta la
negazione della propria stessa natura.
Purtroppo è questa l’atmosfera che
stiamo respirando da troppe parti, in un silenzio assordante di chi
finalmente ha deciso di ribellarsi e che ora non sembra capace di
enunciare a voce stentorea perché lo ha fatto e perché è orgogliosa di
averlo fatto, e in un chiacchiericcio necessariamente indistinto da
parte di coloro che vorrebbero accreditarsi come punti di riferimento
della sinistra, mentre altro non sono che altri protagonisti di una
compagnia di giro che è la responsabile dello sfascio di una sinistra
che, per paura di disturbare e di risultare fastidiosa, continua a non
parlare di futuro, ma soltanto di presente.
E non solo è molto meno capace di
farlo rispetto alla destra che pratica questa strategia da sempre, ma si
rivolge inutilmente a cittadini che, invece, vorrebbero ancora parlare
di progetti e di utopie e che, non sentendo nulla di tutto ciò,
continuano ad allontanarsi da una politica che non c’è più e che è
ancora e sempre l’unico metodo per dare vita a una vera democrazia.
Facciamo alcuni esempi; necessariamente pochi e incompleti e obbligatoriamente brevi.
Quale sinistra è quella che
consente, soltanto con pochi mugugni, di colpevolizzare tutte le Ong che
si prodigano nella salvezza dei migranti e non scevera il grano dal
loglio andando a colpire direttamente soltanto quelle che sono false
organizzazioni umanitarie? E quale sinistra può esultare se il numero
degli sbarchi in Italia è diminuito perché ora i trafficanti di uomini
ritengono più facile sbarcare in Spagna? Una volta non si sarebbe
cercato di spostare geograficamente il problema, in attesa che tutto si
ripresenti quando sarà la Spagna ad alzare muri, ma ci si sarebbe
impegnati, in casa e fuori, per risolvere davvero il problema e non si
sarebbe rimasti in stolido silenzio a lasciar passare il concetto che
soltanto il rischio di morire a causa di una guerra può giustificare una
fuga; non quello di crepare per torture, carestie, epidemie,
sfruttamenti, schiavitù.
Quale sinistra accetterebbe di avere
sotto il suo stesso tetto coloro che sostengono i condoni edilizi che
stanno continuando a rovinare il nostro Paese soltanto per arricchire i
soliti noti? Eppure la paura di cacciare chi ha nelle sue disponibilità
un numero consistente di voti impedisce qualunque azione di reprimenda, o
di espulsione di coloro che lasciano vivere l’abusivismo, perché i voti
attuali appaiono ben più importanti dell’ambiente futuro.
Come fa a definirsi di sinistra chi,
sempre per puri scopi elettoralistici, nega la progressività della
tassazione imponendo sacrifici che proporzionalmente distruggono i più
poveri e non fanno neppure il solletico ai più ricchi? E lo fa
senza rendersi conto che in futuro le divaricazioni sociali tra primi e
ultimi diverranno sempre più drammatiche e foriere di ulteriori
disgrazie.
E stiamo parlando di sinistra se, in
vista delle prossime elezioni nazionali, regionali, comunali, il
requisito fondamentale per individuare i candidati non è il loro credo
politico e sociale manifesto, bensì la fama del loro nome? Se la cosa
più importante è tentare di vincere apparentemente e non ricostruire
sulle macerie che ci circondano?
Quale sinistra è quella che non si
pone come punto fondamentale quello di recuperare i propri valori
sociali ed etici nel bisogno di riconquistare la voglia di prendere
parte, cioè di essere partigiani, e di farlo pubblicamente, non
vergognandosi delle proprie idee, ma, anzi, essendone orgogliosi? Né
appare possibile cercare un candidato purchessia «perché altrimenti
vincerà la destra». Il male maggiore non consiste nel fatto di perdere
una tornata elettorale, bensì nel negare se stessi condannandosi a
sparire definitivamente. E questo non perché scompaiono le persone, ma
perché vengono cancellati idee e ideali, perché si rinuncia a costruire
per quel futuro che soltanto la sinistra ha davvero interesse a
ricominciare a ipotizzare con progetti che rendano le utopie luoghi che
non è vero che non esistono, ma che, semplicemente, non si è ancora
riusciti a raggiungere.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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