Non è sempre
vero che invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. In
matematica il concetto vale immancabilmente, ma in politica, per
esempio, quasi mai. In questo campo, infatti, e segnatamente nella
sinistra, si è passati dal concetto che era necessario vincere per
rendere concreti i propri ideali, alla pratica di proclamare come
obbiettivi gli ideali della presunta maggioranza, anche se non di
sinistra, per riuscire a vincere.
Il risultato, assolutamente non
sorprendente, è stato quello che moltissimi degli elettori di sinistra
hanno preferito disertare le urne perché non trovavano più nulla di
convincente per cui votare e, così, nel continuo diminuire di votanti, è
stata proprio la sinistra a perdere maggiori punti percentuali, mentre
la destra, pur non vedendo aumentare i propri suffragi, si è trovato con
cifre percentuali decisamente migliori.
Se, però, finora la destra ha messo
in campo vincitori più folkloristici che pericolosi (Berlusconi, per
esempio, era decisamente più occupato a salvaguardare le proprie aziende
e le proprie “serate eleganti” che a governare nella maniera in cui i
suoi elettori si sarebbero aspettati), ora i pericoli populisti
diventano più tangibili: Grillo o Salvini in Italia, Le Pen in Francia,
Wilders in Olanda, Frauke Petry in Germania hanno concrete possibilità
di raggiungere uno scranno di governo.
Ed è in quest’ottica che il successo
di Trump, ma soprattutto le sue prime esecrabili azioni da Presidente
degli Stati Uniti diventano importanti. Se da un lato, infatti,
rianimano gli estremismi xenofobi, aliofoibi, e autoritari, dall’altro
finiscono per sollecitare forme di resistenza civile di cui si era
perduta quasi ogni traccia.
Ma c’è anche una terza possibilità:
che coloro che non erano andati a votare ritenendo che l’ipotesi Trump
esistesse soltanto nei libri di quart’ordine di fantapolitica, ora si
pentano non di non aver fatto il possibile per elevare il livello della
politica e, quindi, dei candidati, e che, temendo un altro successo di
uno come Trump, si limitino a entrare nei seggi per scegliere il meno
peggio.
Sono anni che la maggior parte dei
cittadini – e non soltanto quelli italiani – stanno votando per il meno
peggio, rassegnati che il meglio non sarà mai in campo. Ma il fatto che
oggi, questo meglio, non lo si veda ancora all’orizzonte, non vuol dire
che il suo arrivo sia impossibile. Sempre che siano di nuovo i cittadini
a fare politica e a controllare che i loro voti – legge elettorale
permettendo – vengano ben utilizzati da chi è stato eletto a
rappresentarli.
A pensarla così probabilmente è
ancora una minoranza, ma ogni minoranza sa che non riuscirà a vincere,
ma potrà convincere. E, allora, sì che la vittoria sarà raggiungibile.
L’esperienza del referendum costituzionale, in questo senso, è
inequivocabile.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
Nessun commento:
Posta un commento