La notizia non
ottiene titoli roboanti che vengono destinati, invece, alla corsa alla
presidenza del Comitato per il sì che vede in lizza nomi come
Napolitano, Violante, Finocchiaro, Castagnetti e Bassanini (sì, proprio
quello dell'infausto Titolo V). Però è una notizia su cui merita
riflettere. I gruppi parlamentari del PD, infatti, oggi dovrebbero
approvare un primo stanziamento di 200 mila euro in favore della
propaganda per la conferma della riforma costituzionale firmata da Maria
Elena Boschi, ma voluta da Matteo Renzi.
Anzi, per non restare nel vago,
merita riportare le parole del tesoriere del PD, senatore Mauro Del
Barba che, in maniera molto democratica, parla con grande sicurezza al
passato, ma quando lo stanziamento deve ancora avvenire: «I soldi
stanziati dai gruppi parlamentari del PD per la campagna referendaria di
Jim Messina riguardano l’informazione istituzionale sulla riforma». Una
frase che solleva qualche domanda e sollecita alcune riflessioni.
Per prima cosa, chi è Jim Messina? È
un guru della propaganda; è il capo del team che ha guidato la seconda
campagna elettorale di Barak Obama nel 2012 e già a gennaio è stato
ingaggiato dal segretario del PD per sostenere la campagna referendaria,
e soprattutto anche il destino politico del segretario stesso che
vuole, a tutti i costi, trasformare un referendum costituzionale in un
plebiscito sulla sua persona teorizzando una specie di «Dopo di me, il
diluvio», teoricamente molto più adatto a un monarca non troppo
illuminato, come Luigi XV di Francia, che a un presidente del Consiglio
pro tempore.
Da quanto si sa a Messina andrebbe
direttamente metà dello stanziamento iniziale, mentre l’altra metà
servirebbe per quella che Del Barba definisce “l’informazione
istituzionale sulla riforma”.
Già molto si potrebbe dire sul fatto
che qualcuno che vuole cambiare la nostra democrazia sia convinto che
davvero la politica possa essere sostituita con il marketing, che il
consenso su un argomento tanto importante possa scaturire da una grande
capacità promozionale. Ma vorrei soprattutto ricordare che la cosiddetta
“informazione istituzionale” dovrebbe essere più esattamente chiamata,
come una volta, “pubblicità promozionale” e che è stata usata largamente
anche da Berlusconi quando ha cominciato a vedere scemare il suo
consenso non portandogli, però, molta fortuna. E inoltre, oltre che lo
stesso Berlusconi, anche Rutelli e Monti hanno usato la carta del
consulente di marketing pescato all’estero, ma sapete tutti che fine
hanno fatto.
Mi domando, poi, come la sinistra
del PD rappresentata in Parlamento possa accettare in silenzio che il
denaro dei gruppi parlamentari possa essere speso in un’operazione
contro la quale, almeno a parole, quella parte del PD si schiera. E mi
chiedo anche come gli esponenti della minoranza del partito possano
pensare di parlare ancora a coloro che credono nei valori costituzionali
e della sinistra senza essere sommersi da pernacchie.
Ma torniamo alla cosiddetta
“informazione istituzionale” che implica uno spazio di tempo a
disposizione per dire esattamente ciò che si ritiene più utile dire –
per fare, cioè, propaganda – evitando accuratamente di mettere a
confronto le proprie idee con quelle di chi la pensa in maniera diversa.
E questo sembra un punto fermo visto che finora i tentativi fatti dai
Comitati per il no di mettere in piedi dei dibattiti sull’argomento
della cosiddetta riforma costituzionale sono miseramente naufragati di
fronte al deciso rifiuto a partecipare da parte degli esponenti del sì.
La sensazione è che ancora una volta
si assisterà a uno scontro tra propaganda e informazione, tra soldi e
idee. Si potrebbe pensare che chi ha più potere dovrebbe inevitabilmente
vincere, ma la storia dei referendum italiani è fortunatamente diversa.
Basterebbe ricordare cos’è successo per i quesiti su divorzio e aborto,
pur essendoci dall’altra parte la possente macchina propagandistica
della Chiesa, o, per venire a tempi più recenti, al risultato del
referendum sull’acqua pubblica che ha visto perdere forti potentati
economici che ora la politica al governo, dopo aver perso il referendum,
tenta comunque di privatizzare con i soliti mezzucci e trucchetti di
vocabolario più che di sostanza.
Fortunatamente quando si verifica
uno scontro tra soldi e idee, quasi sempre il sonnacchioso popolo
italiano si sveglia, supera la disaffezione per le urne, e, pur con la
storica fatica di chi soldi non ne ha molti, se queste idee hanno la
caratteristica di aiutare il popolo e la democrazia, le fa vincere.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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