Di una cosa,
almeno, bisogna dargli atto: Matteo Renzi è assolutamente coerente nei
suoi tentativi di giustificazione. «Non è una sconfitta mia, ma della
sinistra» è, infatti, il succo delle sue dichiarazioni dopo entrambe le
tornate delle amministrative appena concluse. Se, però, bisogna
ammettere la sua onestà nel separare nettamente se stesso dalla
sinistra, appare curioso che sia sempre la sinistra a essere colpevole,
sia nella sconfitta della Paita in Liguria, sia in quella di Casson a
Venezia, sia in quella di Bracciali ad Arezzo.
Riassumiamo grezzamente. In Liguria
la Paita vince le primarie con il determinante aiuto di Scajola e amici,
la sinistra (anche del PD) non accetta e candida un proprio candidato. A
Venezia Casson vince le primarie, ma, visto che non è un renziano, non
gli spetta neppure una citazione da parte dei vertici del partito che
pure tanto si sono spesi (e con che risultato!) per la Moretti in
Veneto. Ad Arezzo, città rossa per eccellenza, Renzi scende in campo più
volte per sostenere direttamente Bracciali e il risultato è che per la
prima volta il centrosinistra non soltanto non sfonda al primo turno, ma
addirittura perde al secondo.
Lasciamo pur perdere il fatto che il
nuovo sindaco veneziano, il forzista Brugnaro, avesse dichiarato per
tempo che era sicuro di vincere raccogliendo i voti di molti elettori
renziani che non gradivano Casson, ma, pur non dimenticando il “tanto
peggio, tanto meglio” dei grillini, ancora una volta non si può non
notare che Renzi non considera minimamente importante il fatto che
sempre meno gente va a votare e che (gli studi sui flussi di voto lo
dimostrano al di là di ogni dubbio) le file degli astensionisti sono
ingrossate soprattutto da elettori tendenzialmente di centrosinistra
delusi dai propri partiti sia a livello politico, sia a livello etico.
So che le autocitazioni non sono
eleganti, ma desidero riproporvi una cosa che ho scritto una dozzina di
anni fa e che ho ripetuto, a voce, più volte.
«Il problema – dobbiamo avere il
coraggio e l’umiltà di dirlo – è che abbiamo buttato via, almeno per una
certa parte, i nostri valori: lo hanno fatto i comunisti, i socialisti,
i cattolici, i liberali; lo hanno fatto persino i fascisti; perché
anche loro hanno dei valori, anche se per me sono orrendi e non
condivisibili. Li abbiamo buttati via illudendoci che senza valori ci
saremmo potuti avvicinare l’uno all’altro in una sorta di fatale
attrazione in un posto paludoso, nebbioso, indistinto, ma ritenuto
vincente che molti, per comodità, chiamano centro, ma che io non voglio
definire così, perché anche il centro è stato politicamente degno e
aveva i suoi valori. E abbiamo tentato di avvicinarci facendo ressa
tutti insieme, cercando di farci belli e di attrarre simpatie, imitando
gli altri quando questi stavano vincendo, truccandoci e travisando il
nostro volto, perché era più importante catturare simpatie e un voto per
“vincere”, che compiere un’azione degna. Ma in definitiva non siamo
riusciti ad attrarre nessuno perché il vuoto, dopo un primo senso di
disorientante vertigine, non attrae mai nessuno, ma, anzi, dà un senso
di repulsione. E il risultato è che c’è stata sempre meno gente che si è
avvicinata al voto, alla politica, alla partecipazione, al vivere
sociale. E contemporaneamente non ci siamo sentiti maggiormente vicini
agli avversari di una volta perché ne siamo rimasti completamente
estranei. E contemporaneamente abbiamo perduto molti amici perché senza
valori di riferimento non li riconoscevamo più, né loro riconoscevano
noi. E contemporaneamente abbiamo perso anche il rispetto di noi stessi.
E soltanto quando abbiamo percepito questo vuoto, quando abbiamo
sentito il rodere del rimorso provocato dal nostro peccato di omissione –
il più grave perché l’unico sicuramente deliberato – abbiamo cominciato
a riprendere quota, a tornare a pieno titolo umani, a ritenere
nuovamente che la nostra vita privata e pubblica non possano esistere
senza etica, che la politica non possa esistere senza etica, che il
lavoro non possa esistere senza etica, che l’economia non possa esistere
senza etica, che la finanza, raffinata e spietata usura moderna, così
com’è non possa esistere e basta».
Avevo sbagliato a pensare che già
quella volta avessimo toccato il fondo e stessimo per risalire. E non è
detto – neppure considerando Salvini e le sue abiezioni – che questo
fondo sia stato già toccato neppure oggi. Per uscire da ogni palude non
ci sono sentieri lastricati, ma occorre fare molta fatica.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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