Dopo “Le voci
dell’inchiesta” di Pordenone, hanno annunciato la propria morte anche
“Cormonslibri” e “Acque di acqua”, mentre sembrano in agonia anche
“èStoria” di Gorizia e una serie di altre manifestazioni culturali di
piccolo e medio calibro che hanno contribuito per molto anni a mantenere
elevatissimo il livello dell’offerta culturale della nostra regione
rispetto anche ad altre ben più popolose, ricche e potenti.
Tutta colpa della crisi, si dice, ma
non è così. Perché se soltanto di crisi economica si trattasse, il
discorso che un assessore regionale alla Cultura che si dice di
sinistra, sarebbe diverso da quello attuale. «Carissimi – potrebbe dire –
il periodo è durissimo, ma per tutti noi la vostra attività è
necessaria, oltre che preziosa, per mantenere viva una pluralità di
pensiero e un’alta offerta di quella cultura che è la chiave
fondamentale per uscire dalla crisi, non soltanto economica, che sta
aggredendo la nostra società. Quindi, vi chiedo, senza eccezioni, di
stringere la cinghia per questo periodo, fino a quando dalla crisi
riusciremo a uscire tutti insieme, e di continuare, pur riducendola, la
vostra attività per la quale nutriamo grande gratitudine. Noi, intanto
vedremo di fare tutto il possibile per facilitarvi la vita dal punto di
vista della burocrazia e della certezza dei diritti e dei doveri».
Invece l’attuale assessore regionale
del Friuli Venezia Giulia, Gianni Torrenti, forse anche giustamente
molto assorbito dagli altri referati cui deve far fronte, tra cui quello
spinosissimo dell’immigrazione, ha scelto – ma già a suo tempo – il
percorso opposto: quello di togliere qualunque contributo pubblico
sicuro a una larghissima maggioranza di iniziative, che pur vantano
lunghe storie alle spalle, per concentrare – talvolta anche aumentandoli
– i contributi, certi e conosciuti in anticipo, su poche attività di
grande risonanza e per disincentivare la determinazione di quei pochi
pazzi che si dedicano alla cultura, per la maggior parte in maniera
gratuita, impedendo loro di sapere in anticipo quale sarà il loro
destino e costringendoli, se ce la fanno, a impegnare del loro denaro
subito, senza sapere se poi il contributo regionale arriverà.
Il risultato è che sulla cintura di
Torrenti ci sono già molti scalpi di vittime e che molti altri sono
destinati ad aggiungersi a questa macabra collezione.
C’è soltanto da rassegnarsi?
Assolutamente no, sia perché il patrimonio che si sta dissolvendo è
troppo prezioso e non deve essere perduto, sia poiché distruggere
un’attività e facilissimo ma, una volta distrutta, ricostruirla è quasi
impossibile, sia in quanto qualche vittima sacrificale ha già reagito e
ha saputo mantenere il proprio scalpo sulla testa. Mi riferisco
soprattutto alla vicenda del Palio teatrale studentesco di Udine che era
stata forse la prima vittima designata e che ha saputo ribellarsi con
forza, ma senza violenza, mobilitando migliaia di studenti e centinaia
di persone che con il Palio non c’entravano direttamente, ma che alla
cultura tenevano e tengono ancora. E che, alla fine, è riuscito a
mantenersi in vita.
Non è soltanto una questione di
quantità di denaro che arriva nelle esangui casse di questi enti
culturali, ma anche e soprattutto della coscienza di non sentirsi amati,
ma neppure rispettati, di non avvertire neppure lontanamente quella
gratitudine da parte dell’ente pubblico di cui avrebbero abbondante
diritto.
Oggi nessuno si azzarda più a dire
che «con la cultura non si mangia», ma sicuramente molti, e purtroppo in
posizioni determinanti, continuano a pensarlo.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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