Sul fatto che l’attuale maggioranza in Parlamento sia diventata un'evidente minoranza nel Paese ormai nessuno si sogna più di discutere. E, visto che a al Senato e alla Camera non si parla altro che di cose che interessano a Berlusconi e ai suoi dipendenti, sono sempre di più quelli che manifestano l’intenzione di non votare più per il Pdl o per la Lega, anche se la maggior parte di loro afferma di voler rifugiarsi nel non voto e non di dirigersi verso il centro, o verso il centrosinistra (ma questo è un altro discorso su cui bisognerà tornare al più presto).
Il problema è che, pur nella loro lungimiranza, i padri costituzionali non avevano previsto almeno due cose: che il sistema elettorale sarebbe diventato un maggioritario in cui gli elettori non possono più scegliere i loro rappresentanti e che potesse salire al potere una persona con tanti soldi da essere in grado di comperare un bel po’ di parlamentari; né, del resto, che fosse ipotizzabile l’esistenza di tanti parlamentari comprati prima o dopo il loro ingresso a Palazzo Madama o a Montecitorio.
Quindi adesso non si sa come uscire da questo impasse se non attendendo la data di scadenza naturale: quel 2013 prima del quale, però, sicuramente l’omino di Arcore firmerebbe altri disastri, anche sul piano democratico.
A leggere la Costituzione si potrebbe pensare che il Presidente della Repubblica possa sciogliere le Camere anche in presenza di una maggioranza che si autosostiene a prescindere dalla sua reale rappresentatività. Ma non mi sembra una strada percorribile, sia perché non si può caricare sulle spalle di Napolitano una simile responsabilità, sia perché sicuramente Berlusconi e i suoi definirebbero “golpe” questo e non quello fatto dall’attuale presidente del Consiglio con la compera della maggioranza e si rischierebbe seriamente uno scontro violento nelle piazze.
La strada, dunque, sembra soltanto una; una strada che non è percorribile per i pigri perché chiede un impegno comune, solidale, continuo e probabilmente anche non a brevissimo termine. Visto che la democrazia è etimologicamente il “potere del popolo”, che l’articolo 1 della Carta sottolinea che «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione», a noi non resta che ribadire platealmente e senza soluzioni di continuità che la democrazia rappresentativa si basa su una delega e che questa delega non c’è più.
Insomma al popolo spetta di tornare nelle strade e nelle piazze a manifestare con sempre maggiore frequenza e decisione per far giugere la voce del dissenso anche a coloro che quardano soltanto la televisione. A ogni categoria corre l’obbligo di alzare la voce per rendere chiari a tutti i disastri combinati nei rispettivi campi di competenza. I giornalisti non devono esitare nella scelta tra il rispetto dell’articolo 21 della Costituzione e l’eventuale galera - una galera che non sarebbe certamente infamante - perché ci si oppone alla nuova probabile legge sulle intercettazioni e sulla loro pubblicazione.
E ai politici dell’opposizione incombe l’imperativo morale di comportarsi come questo drammatico frangente richiede: finirla di massacrarsi a vicenda per piccole posizioni di supremazia e di eventuale potere interno; scrivere e diffondere un programma che sia serio, breve, chiaro e comprensibile per tutti; assicurare che subito saranno abrogate le leggi "ad personam", "ad aziendam", "ad castam" approvate dai dipendenti di Berlusconi e che stanno rendendo irrespirabile l’aria italiana; dare certezza che contemporaneamente, cioè subito, si provvederà a mettere in approvazione una legge che ridia fiato al lavoro, una sul conflitto di interessi e una nuovamente democratica sul sistema elettorale.
E, se questo avverrà davvero, allora quasi sicuramente le fortissime contraddizioni interne tra base e vertice della Lega e, in parte, anche del cosiddetto Popolo delle libertà scoppierebbero e farebbero diventare superfluo qualunque intervento del Presidente della Repubblica.
Se, invece, non ci renderemo conto che la responsabilità di questa situazione ricade in parti diverse su di noi, su ciascuno di noi, allora temp proprio che l’unica via d’uscita sia attendere la fine naturale dell’uomo che compra. E vergognarsi profondamente di noi stessi.
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