Per comprendere bene gli abissi di abiezione democratica di cui è capace il berlusconismo nulla è più utile di una sua sconfitta. Basterebbe pensare a quando Berlusconi ha perso per la seconda volta contro Prodi e, imitato da tutti i suoi servitori, ha sollevato il sospetto di brogli elettorali che ha continuato a sventolare anche quando era stato appurato che non c’erano stati né errori sostanziali, né tantomeno dolo.
L’attuale fallimento della maggioranza sulla Legge di bilancio, però, offre nuovi suggestivi scorci sull’inquietante pensiero di Berlusconi che, davanti a un crollo che ha sempre determinato le dimissioni di chi vi è incorso (Goria docet, ma non soltanto lui), ha parlato di un semplice incidente di percorso e di puro inciampo tecnico, in questo sbugiardato dalla stessa Giunta del Regolamento della Camera che ha considerato l’iter della legge ormai definitivamente concluso, lasciando aperte strade tortuose e non facili per recuperare una legge di cui nessuno – tranne Berlusconi, evidentemente – può fare a meno.
A prima vista può anche stupire il fatto che il satrapo di Arcore pensi di risolvere tutto andando alla Camera e chiedendo per l’ennesima volta la fiducia su quello che dice.
Giustamente Napolitano ha inviato una nota ufficiale che, pur un po’ velata dai tradizionali toni quirinaleschi, sottolinea che non bastano tante fiducie per dare forza a un governo se – soprattutto in un momento drammatico come questo – poi affoga nelle polemiche interne tra i suoi esponenti e in molte delle votazioni in cui non siano direttamente chiamati in causa gli interessi personali di Berlusconi.
Può stupire a prima vista, dicevo, perché a pensarci un po’ si vede distintamente che Berlusconi si comporta sempre – e anche in questo caso – come un acquirente; uno che può acquistare aerei, elicotteri, ville, prostitute, onorevoli, senatori, giudici, testimoni, alti funzionari e tutto quanto gli passa per la mente. E poi, come tutti gli acquirenti, se le cose non funzionano tornano in negozio e se le fanno cambiare. Questa volta si tratta di far cambiare voto a un po’ di gente che lui aveva già pagato. Ora non può non pensare che gli basterà ripresentare lo scontrino, oppure mettere nuovamente mano al portafogli – suo o di qualche ente pubblico – per far ridiventare fedele qualcuno che vede l’occasione per aumentare soldi o potere.
Tanto, poi si sa che questo governo cadrà soltanto tra marzo e aprile quando senatori e deputati avranno maturato il periodo di tempo necessario per avere il loro bravo vitalizio. L’acquirente quello non è disposto a pagarlo personalmente. E non gli conviene neppure anticipare il confronto con la giustizia.
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