Per Emma Marcegaglia sembra essere diventato una specie di mantra. «Il Paese – dice – non può permettersi una crisi» di Governo, «non può pensare di andare a elezioni anticipate e ad una campagna elettorale disastrosa in un momento come questo».
A prima vista sembra essere una frase quasi ovvia, ma ci piacerebbe molto se la presidente di Confindustria si chiedesse anche se può questo Paese permettersi di rimanere ulteriormente paralizzato da un governo che da anni non ha fa nulla né per l’economia, né per i suoi cittadini e che si occupa quasi esclusivamente di risolvere, fuori dalle aule dei tribunali, i problemi giudiziari di Berlusconi?
La risposta, mai nettamente esplicita, è sempre sottintesa con forza dagli ambienti confindustriali e dice più o meno così: finiamola di parlare dei problemi di Berlusconi con la giustizia e concentriamoci sull’economia.
Possiamo essere d’accordo se questo vuol dire che non si parla più di lodi, leggi ad personam, processi brevi e via inventando.
Ma se invece vuol dire che – ammesso che questo governo abbia capacità e armi per farlo – per salvare le industrie (e sperabilmente l’economia, anche se nessuno parla di occupazione) occorre lasciar sacrificare la Costituzione e i suoi mirabili equilibri sull’altare degli interessi personali del presidente del Consiglio pro tempore, allora fermiamoci pure. Dalle crisi economiche si può uscire stringendo la cinghia; per tornare a regole democratiche dopo averle perse, i sacrifici da chiedere alla gente possono essere molto più forti.
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