La bestemmia di Berlusconi è stata sicuramente, come ha detto “L’Osservatore Romano”, «una deplorevole offesa ai credenti», ma è anche stata di grande utilità non per mettere in luce la già ampiamente conosciuta bassezza, non soltanto in centimetri, del presidente del consiglio, ma anche – e forse soprattutto – per gettare nuova luce sui rapporti tra la Chiesa e Dio.
Ci sono persone che non credono in Dio e bestemmiano quasi sovrapensiero, quasi fosse un normale intercalare, e quindi non se ne pentono. Ce ne sono altre che bestemmiano in momenti di particolare tensione e se ne sentono fortemente colpevoli. Altre ancora che nominano il nome di Dio invano in momenti difficili e se ne dolgono, ma sono anche convinti che Dio li perdonerà: «Le bestemmie degli alpini non salgono al cielo», dice un detto famoso coniato dalle penne nere durante la prima guerra mondiale. Tutte queste categorie di persone sono comunque convinte che Dio abbia nei nostri confronti un giudizio univoco davanti a un univoco comportamento.
Grazie alla bestemmia di Berlusconi apprendiamo, invece, che nelle alte sfere della Chiesa qualcuno – forse uno solo, o almeno speriamolo – pensano che Dio cambi il proprio giudizio a seconda dell’importanza delle persone coinvolte. E così sentiamo monsignor Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, che aveva accolto con grande favore la squalifica per calciatori e allenatori sorpresi a bestemmiare sul campo di gioco, affermare che, per quanto riguarda Berlusconi, ci sono casi in cui «bisogna saper contestualizzare».
A dargli una teorica man forte si precipita l’ineffabile e rigidissimo Giovanardi, un vero fondamentalista cattolico a parole per quello che gli interessa, che afferma che molto più grave della bestemmia è «registrare una conversazione privata e renderla pubblica».
Ma torniamo a Fisichella che ha sempre sostenuto a spada tratta – lo ricordo molto bene in un dibattito con lui che ho moderato a Illegio – la lotta contro il “relativismo etico” e la perdita dei valori della nostra società, ma che dimentica tutto per inchinarsi davanti al signore. Quello con la “s” minuscola, ovviamente, anche perché pro tempore; mentre quello con la “S” maiuscola è per l’eternità.
E fermiamoci anche a considerare che nella Chiesa – a differenza di quello che pensavamo – evidentemente esistono svariati Dei diversi tra loro, perché fortunatamente quello di Fisichella non è certamente uguale a quello della quasi totalità dei preti, vescovi e cardinali.
Io non so se credere o meno a Dio. Ma ho una certezza: quello di Fisichella – ingiusto e prono al supposto potere terreno – spero davvero che non esista.
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