venerdì 1 febbraio 2019

Due piccoli vantaggi

In questa situazione in cui si guarda con crescente timore alla situazione economica, con disgusto a quella politica e con sconcerto a quella etica di un Paese che si stenta a riconoscere, il pericolo maggiore è quello di lasciarsi indurre alla rassegnazione. Indurre perché quello di togliere le speranze agli avversari fa certamente parte del gioco.

Ebbene, pur in una maledetta notte che sicuramente finirà, ma le cui tenebre faticano terribilmente a essere squarciate da luci, almeno due piccoli vantaggi ci sono arrivati soprattutto negli ultimi periodi. Piccoli perché non migliorano la situazione, ma almeno ci tolgono definitivamente il fastidio di dover ascoltare certe falsità. Almeno due sono immediatamente visibili. Anzi, appariscenti.

Intanto sarà molto difficile ascoltare ancora da Grillo e dai suoi la frase «Uno vale uno» senza scoppiare a ridere. Da sempre è evidente che non soltanto è un sogno irreale, ma è anche un sogno sbagliato, ma ora, mentre i Grillo, Di Maio e i loro si stanno arrampicando sugli specchi apparentemente per aiutare Salvini, ma in realtà per salvare le loro comode poltrone di potere, questo slogan pubblicitario ha perduto ogni possibile appeal anche per i più distratti, se non sono in malafede.

Pur di salvare il posto, infatti, i vertici dei 5stelle, stanno negando quello che hanno sempre detto e, cioè, che l’immunità parlamentare è un obbrobrio democratico e giuridico e che a nessuno deve essere permesso di sottrarsi al giudizio di un processo. Per dare, poi, una parvenza di razionalità al loro brusco dietrofront, stanno agendo su due fronti. Intanto rivendicano una collegialità di decisione sull’accusa di sequestro di persona aggravato dalla posizione istituzionale, legato alla vicenda della Diciotti, per la quale la magistratura vorrebbe mandare a giudizio il ministro della paura, mentre carte e registrazioni mostrano chiaramente che ne sono stati sorpresi, se non addirittura contrariati. Poi sposano la tesi dell’interesse pubblico che dovrebbe scusare le azioni del trucido ministro delle divise. Al di là del fatto che è ben difficile immaginare quale interesse pubblico ci possa essere nel fermare a bordo 177 naufraghi bloccando contemporaneamente una nave militare dello Stato italiano sulla quale sono stati tratti in salvo.

Ma ancora più importante è proprio il concetto di “interesse pubblico” per il quale un ministro, che secondo loro evidentemente vale ben più di uno, dovrebbe essere al di sopra della Costituzione e delle leggi. Intanto, se le regole possono essere infrante, perdono di valore anche per coloro ai quali è proibito infrangerle e tutte le istituzioni sono coinvolte in questo crescente discredito.

E, poi, qual è il limite , ammesso che esista, oltre al quale l’“interesse pubblico” può spingersi? E chi è che può fissare questo limite? Insomma, se si comincia su questa strada, dove ci si potrà e dovrà fermare? Perché se già il cosiddetto “interesse pubblico” permette di negare l’obbligo di salvare i naufraghi perché, secondo Salvini e i suoi complici (tutti quelli che lo votano e lo sostengono lo sono) non dovrebbero essere lì, in mezzo al mare, a cercare una vita migliore dando così fastidio agli italiani che, ovviamente, devono arrivare “prima”, perché – dicevo – a un certo punto non si potrebbe addirittura ritenere che sia lecito incarcerare qualcuno perché pensa che l’“interesse pubblico” sia diverso da quello che viene presentato dal governo del momento? Perché, addirittura, non si potrebbe risolvere drasticamente la questione eliminando fisicamente chi la pensa diversamente? Fantascienza? No: storia italiana. Pensate soltanto al fascismo e ai fratelli Rosselli, solo per fare due tra i tanti nomi di coloro che “disturbavano”.

Quindi l’“uno vale uno” sbandierato dai grillini, in realtà vale davvero zero.

Un’altra cosa che i fatti di questo periodo ci hanno permesso di capire è che quando uno si sente accusare di “buonismo” non deve minimamente avvertire il dubbio di essere in colpa perché sta aiutano i migranti, i poveri, gli emarginati, i diversi, gli ultimi. Il suffisso “ismo” è parte integrante di molti vocaboli astratti, quasi tutti derivati da sostantivi e aggettivi molto concreti, vocaboli che indicano dottrine e movimenti religiosi, sociali, politici, filosofici, letterari e artistici, ma anche atteggiamenti, tendenze, caratteri collettivi e individuali, comportamenti e così via.

Ecco, davanti a un leghista che accusa di “buonismo”, chi è accusato può permettersi di sorridergli in faccia, pur fuggevolmente per non distrarsi dall’importante compito si solidarietà che sta svolgendo, perché, come molti altri modi di dire di questo periodo nutritosi di approssimazione, oltre che di cattiveria, anche questa accusa è totalmente priva di senso. Il sostenitore di un qualsiasi “ismo”, infatti, è colui che segue pedissequamente una teoria, a prescindere dal suo reale valore, spesso sentita come un dogma che non richiede – o, meglio, che rifiuta – qualsiasi ragionamento, o analisi critica. Ben diverso è chi applica in pratica, con razionale convinzione, l’essenza di quella teoria.

Chi si dà da fare, insomma, per salvare i migranti naufraghi nel Mediterraneo non è un buonista, ma, orgogliosamente, un buono. Esattamente come chi non solo non li aiuta, ma vorrebbe addirittura proibire il loro soccorso, non è uno stronzista, ma – scusate la parola – semplicemente uno stronzo.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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