In questa
situazione in cui si guarda con crescente timore alla situazione
economica, con disgusto a quella politica e con sconcerto a quella etica
di un Paese che si stenta a riconoscere, il pericolo maggiore è quello
di lasciarsi indurre alla rassegnazione. Indurre perché quello di
togliere le speranze agli avversari fa certamente parte del gioco.
Ebbene, pur in una maledetta notte
che sicuramente finirà, ma le cui tenebre faticano terribilmente a
essere squarciate da luci, almeno due piccoli vantaggi ci sono arrivati
soprattutto negli ultimi periodi. Piccoli perché non migliorano la
situazione, ma almeno ci tolgono definitivamente il fastidio di dover
ascoltare certe falsità. Almeno due sono immediatamente visibili. Anzi,
appariscenti.
Intanto sarà molto difficile
ascoltare ancora da Grillo e dai suoi la frase «Uno vale uno» senza
scoppiare a ridere. Da sempre è evidente che non soltanto è un sogno
irreale, ma è anche un sogno sbagliato, ma ora, mentre i Grillo, Di Maio
e i loro si stanno arrampicando sugli specchi apparentemente per
aiutare Salvini, ma in realtà per salvare le loro comode poltrone di
potere, questo slogan pubblicitario ha perduto ogni possibile appeal
anche per i più distratti, se non sono in malafede.
Pur di salvare il posto, infatti, i
vertici dei 5stelle, stanno negando quello che hanno sempre detto e,
cioè, che l’immunità parlamentare è un obbrobrio democratico e giuridico
e che a nessuno deve essere permesso di sottrarsi al giudizio di un
processo. Per dare, poi, una parvenza di razionalità al loro brusco
dietrofront, stanno agendo su due fronti. Intanto rivendicano una
collegialità di decisione sull’accusa di sequestro di persona aggravato
dalla posizione istituzionale, legato alla vicenda della Diciotti, per
la quale la magistratura vorrebbe mandare a giudizio il ministro della
paura, mentre carte e registrazioni mostrano chiaramente che ne sono
stati sorpresi, se non addirittura contrariati. Poi sposano la tesi
dell’interesse pubblico che dovrebbe scusare le azioni del trucido
ministro delle divise. Al di là del fatto che è ben difficile immaginare
quale interesse pubblico ci possa essere nel fermare a bordo 177
naufraghi bloccando contemporaneamente una nave militare dello Stato
italiano sulla quale sono stati tratti in salvo.
Ma ancora più importante è proprio
il concetto di “interesse pubblico” per il quale un ministro, che
secondo loro evidentemente vale ben più di uno, dovrebbe essere al di
sopra della Costituzione e delle leggi. Intanto, se le regole possono
essere infrante, perdono di valore anche per coloro ai quali è proibito
infrangerle e tutte le istituzioni sono coinvolte in questo crescente
discredito.
E, poi, qual è il limite , ammesso
che esista, oltre al quale l’“interesse pubblico” può spingersi? E chi è
che può fissare questo limite? Insomma, se si comincia su questa
strada, dove ci si potrà e dovrà fermare? Perché se già il cosiddetto
“interesse pubblico” permette di negare l’obbligo di salvare i naufraghi
perché, secondo Salvini e i suoi complici (tutti quelli che lo votano e
lo sostengono lo sono) non dovrebbero essere lì, in mezzo al mare, a
cercare una vita migliore dando così fastidio agli italiani che,
ovviamente, devono arrivare “prima”, perché – dicevo – a un certo punto
non si potrebbe addirittura ritenere che sia lecito incarcerare qualcuno
perché pensa che l’“interesse pubblico” sia diverso da quello che viene
presentato dal governo del momento? Perché, addirittura, non si
potrebbe risolvere drasticamente la questione eliminando fisicamente chi
la pensa diversamente? Fantascienza? No: storia italiana. Pensate
soltanto al fascismo e ai fratelli Rosselli, solo per fare due tra i
tanti nomi di coloro che “disturbavano”.
Quindi l’“uno vale uno” sbandierato dai grillini, in realtà vale davvero zero.
Un’altra cosa che i fatti di questo
periodo ci hanno permesso di capire è che quando uno si sente accusare
di “buonismo” non deve minimamente avvertire il dubbio di essere in
colpa perché sta aiutano i migranti, i poveri, gli emarginati, i
diversi, gli ultimi. Il suffisso “ismo” è parte integrante di molti
vocaboli astratti, quasi tutti derivati da sostantivi e aggettivi molto
concreti, vocaboli che indicano dottrine e movimenti religiosi, sociali,
politici, filosofici, letterari e artistici, ma anche atteggiamenti,
tendenze, caratteri collettivi e individuali, comportamenti e così via.
Ecco, davanti a un leghista che
accusa di “buonismo”, chi è accusato può permettersi di sorridergli in
faccia, pur fuggevolmente per non distrarsi dall’importante compito si
solidarietà che sta svolgendo, perché, come molti altri modi di dire di
questo periodo nutritosi di approssimazione, oltre che di cattiveria,
anche questa accusa è totalmente priva di senso. Il sostenitore di un
qualsiasi “ismo”, infatti, è colui che segue pedissequamente una teoria,
a prescindere dal suo reale valore, spesso sentita come un dogma che
non richiede – o, meglio, che rifiuta – qualsiasi ragionamento, o
analisi critica. Ben diverso è chi applica in pratica, con razionale
convinzione, l’essenza di quella teoria.
Chi si dà da fare, insomma, per
salvare i migranti naufraghi nel Mediterraneo non è un buonista, ma,
orgogliosamente, un buono. Esattamente come chi non solo non li aiuta,
ma vorrebbe addirittura proibire il loro soccorso, non è uno stronzista,
ma – scusate la parola – semplicemente uno stronzo.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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