Monti dice alla Cgil: «Mi spiace, ma nessuno ha più il diritto di veto». È una bella frase, a effetto, ma se viene accompagnata anche dall’altra specificazione del presidente del Consiglio- «Sull’articolo 18 la trattativa è chiusa, basta esami» - dà un’idea abbastanza precisa di come molte siano le discontinuità tra l’era berlusconiana e quella montiana, ma non sull’uso strumentale delle parole, né soprattutto sul concetto che la democrazia – e quindi la discussione – venga considerata un po’ fastidiosa. È pur vero, infatti, che a un certo punto è la maggioranza – e quindi il parlamento - a decidere, ma è altrettanto incontestabile che dopo la decisione si può e si deve continuare a discutere. E che si può esprimere il proprio motivato dissenso anche a decisione in corso.
Parlare in questi termini di negazione del “diritto di veto” può apparire a prima vista una cosa saggia, ma in realtà non tiene conto del fatto che Susanna Camusso rappresenta il maggiore sindacato italiano e, quindi, milioni di lavoratori che hanno pieno diritto di tentare di difendersi. Perché è sulla pelle dei lavoratori che l’articolo 18 viene macellato. Proibire loro di dissentire sarebbe come sostenere che un uomo non ha diritto di opporsi a chi gli sottrae qualcosa perché nessuno ha il diritto di “veto”.
Il dietrofront di Bonanni e Angeletti non stupisce più di tanto perché testimonia la loro coerenza nell’essere politicamente sempre filogovernativi, a prescindere da chi sia al governo, ma voler anche imporre il silenzio a chi combatte per salvaguardare diritti conquistati con anni di lotte sindacali sembra davvero eccessivo.
E comunque, poi, resta la curiosità di capire perché questa frase non sia stata usata anche rivolgendosi alla Marcegaglia quando sosteneva che la Confindustria non avrebbe firmato un accordo che non le piaceva. Intendiamoci, la frase sarebbe stata comunque sbagliata, ma almeno sarebbe stata rivolta anche a coloro che non sono i più deboli e che, tra l’altro, qualche parte nella genesi di questa crisi ce l’hanno pure visto che in non piccola parte pretendevano che il mercato continuasse a girare mentre loro, licenziando, prepensionando e delocalizzando, gli toglievano buona parte di quel carburante necessario rappresentato dal denaro di stipendi che non ci sono più.
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