Devo confessarvi che resto un po’ sgomento davanti alla questione del crocifisso, sia pensando alla sentenza della corte europea, sia alle reazioni, favorevoli e contrarie che siano, visto che stiamo parlando di fede, una delle cose più personali che ci siano. Parlando di un simile argomento, diventa obbligatorio confessare che sono un non non credente in cui la doppia negazione non vuole assolutamente presupporre una fede, ma soltanto il fatto che sono uno che nulla sa, tranne il fatto che mai saprà; che al massimo vorrebbe.
Però un’idea ce l’ho: provate ad aggiungere, invece che a sottrarre. Pensate a pareti scolastiche prive di ogni simbolo e provate a immaginarle, invece, con accanto al crocifisso anche la stella di David, e la mezzaluna e stella, e – perché no? – un mulinello di preghiera buddhista. Pensateci e vedrete che a nessuno sarà tolto qualcosa, ma a tutti qualcosa in più sarà dato. Anche all’ateo e all’agnostico che sapranno di non aver coartato nessuno proibendogli di vedere qualcosa che magari lo conforta.
È una cosa che mi è stata insegnata in gioventù, al liceo, senza parole ma con i fatti da quello che noi chiamavamo don Eugenio e che fino a poche settimane fa tutti hanno chiamato monsignor Ravignani, vescovo di Trieste. Era il nostro catechista in una classe in cui c’erano anche degli ebrei. Per non farli sentire a disagio, se volevano restare con noi durante l’ora di religione, non ha mai pensato di togliere il crocifisso: semplicemente ha fatto affiggere sugli stipiti delle porte quei piccoli portarotoli delle preghiere del Deuteronomio – i mezuzah – che non mancano mai nelle case degli ebrei.
Mi chiedo, da laico convinto, perché proibire a chi crede di esprimere il proprio credo? Taluni dicono: in Arabia non ci lasciano neppure fare il segno della croce. E allora? Se uno è illiberale dobbiamo diventare illiberali anche noi? Cioè non dobbiamo crescere, ma scegliere di abbruttirci? E, magari, scendendo sempre più in basso, di incontrare anche i leghisti che dicono di essere cattolici praticanti e contemporaneamente negano in maniera abietta ogni amore per il prossimo, negando loro la pietà anche quando sono morti da seppellire. Ma quale cristianesimo praticano? Quale Vangelo hanno letto?
Le risposte a certe schifezze saranno sempre troppo tiepide, sempre troppo poco indignate se non si vuole lasciare che negli animi più deboli crescano i germi della criminale e crudele stupidità della xenofobia e del razzismo. Un po’ meno di settant’anni fa è successo in Germania e i frutti velenosi di quel far finta di non vedere sono maturati fino alla shoah.
Se non crediamo, poco ci può interessare che un crocifisso sia solo, in compagnia, o non ci sia affatto su un muro di un’aula scolastica, ma, se ci crediamo, possiamo davvero pensare che Cristo esca diminuito dalla vicinanza con un altro simbolo? Oppure dall’assenza del suo?
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