La conclusione alla quale sono giunti Berlusconi e Bossi nel vertice di Arcore sarebbe grottesca se non rischiasse di diventare drammatica. I due capi della maggioranza, infatti, hanno intenzione di andare da Napolitano a chiedere le dimissioni di Fini che, secondo loro, non dovrebbe più essere presidente della Camera perché non più super partes.
L’enormità della cosa è tale che rischia di far perdere di vista alcuni punti fondamentali.
L’enormità della cosa è tale che rischia di far perdere di vista alcuni punti fondamentali.
Il primo: probabilmente sperano che qualcuno dica che neppure il presidente del Senato Schifani è – come infatti non è – super partes. Ma non è questo il punto perché nessuno si aspetta che il presidente di un ramo del Parlamento dimentichi d’un tratto la sua storia politica. E infatti negli oltre sessant’anni della Repubblica le polemiche su questo tema non sono state poche, ma nessuno finora si era mai sognato di chiedere le dimissioni dell’accusato.
Il secondo: se le dimissioni le chiedessero loro, o tentassero di far votare la sfiducia alla Camera, la cosa avrebbe almeno un qualche fondamento giuridico, ma chiedere a Napolitano che imponga le dimissioni a Fini è un non senso costituzionale e logico talmente enorme che viene naturale pensare che venga proposto soltanto per tendere una trappola all’obbligata risposta negativa del Presidente della Repubblica.
Il terzo: anche in questa azione appare evidente l’insofferenza che Berlusconi e Bossi – guarda caso i più convinti sostenitori della legge porcata che permette loro di essere designatori e “proprietari” degli eletti – hanno per il Parlamento, soprattutto quando non sono più sicuri di poter contare su una maggioranza schiacciante. Perché è evidente che se è il Parlamento che ha eletto Fini, deve essere il Parlamento stesso a detronizzarlo.
Il quarto: il rischio maggiore per chi vuole che finalmente questa maggioranza cessi di spadroneggiare sull’Italia e di rovinarla è quello di pensare che si tratti di ignoranza di chi non sembra conoscere la Costituzione. In realtà, invece, loro la conoscono benissimo, ma la disprezzano profondamente perché profondamente disprezzano le regole, a meno che non possano chiamarle in loro soccorso.
E il disprezzo delle regole non è proprio soltanto di Berlusconi, ma di tutto il berlusconismo. Per rendersene conto, basta leggere cos’ha detto il presidente della giunta regionale del Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, a Pordenone per supportare il suo vicepresidente Ciriani che vorrebbe importare nella Destra Tagliamento il “modello Marchionne” per attirare, con l’esca di minori diritti e salvaguardie per i lavoratori, altre industrie su questo territorio. Tondo ha detto: «Il patto è una parola superata; servono i fatti, quello che si fa».
Non servono molti commenti su cosa Tondo pensa degli accordi tra due parti, quando questi patti diventano fastidiosi per la parte sua. Serve invece impegnarsi per mandare questi signori a casa nel più breve tempo possibile.
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