Giornate orrende, queste, per il nostro Paese. L'ennesima fiducia usata per approvare al Senato la legge sulle intercettazioni lascia capire che tra circa un mese lo stesso sistema sarà adottato alla Camera e che noi in quel momento avremo perso una bella fetta di libertà e di democrazia.
Dico "noi" non riferendomi alla mia categoria secondaria, quella dei giornalisti, ma a quella primaria, quella dei cittadini. Perchè saranno tutti a soffrirne. Tutti tranne, ovviamente, coloro che pensano che prima o poi avranno o già hanno qualcosa da nascondere e hanno la possibilità di imporre a tutti l'ignoranza.
Perché questa legge prima ancora di colpire la libertà di stampa, colpisce la lotta al crimine, blocca i movimenti investigativi delle forze dell'ordine e dei magistrati. Poi, dopo questo, colpisce la stampa impedendo di far sapere quel poco che resterà da sapere. E così riesce anche a mutilare la democrazia perché chi non sa non può decidere.
Potrei scrivere pagine e pagine su queste cose, ma la cosa più importante da dire è che nulla cambierà se tutti noi non ci impegneremo in prima persona, nelle rispettive competenze, ma anche nelle chiacchiere di ogni giorno perché questo obbrobrio venga cancellato al più presto.
Mugugnare non basta più. Bisogna parlare e urlare, se serve. Bisogna arrabbiarsi davvero. Ho sempre odiato il concetto di clandestinità. Disapprovare in silenzio oggi non sarebbe alto che clandestinità. Questo è uno di quei momenti in cui non si può delegare nulla a nessuno, né a partiti, né a sindacati, né a nesun'altra organizzazione. Tutti devono metterci propria la faccia.
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