Chi ha vissuto in prima persona un terremoto come quello che ha colpito il Friuli nel 1976, non può non sentire dei brividi nell’ascoltare alcune dichiarazioni di chi ha in mano le leve per decidere tipo, modalità e tempi degli interventi.
Già fa rabbrividire sentir Berlusconi dire che «in confronto all’entità del sisma le vittime sono state poche». Se 295 morti sono pochi per un terremoto che internazionalmente è considerato di entità moderata e che ha sprigionato un’energia di quasi trenta volte inferiore a quello del Friuli, allora vuol dire che, o alla vita si dà poco peso, o che per alcuni il concetto di prevenzione in un Paese tra i più sismici al mondo non soltanto è lontano, ma addirittura inesistente.
Ma ancor più sbigottiti si resta davanti alle dichiarazioni successive: «Il governo non intende costruire baraccopoli e men che meno lasciare aperte le tendopoli», concetto rafforzato sempre dal presidente del consiglio sottolineando che «l’obbiettivo primario del governo è che entro la fine dell’estate ci sia la possibilità di chiudere tutte le tendopoli». Laddove per fine dell’estate bisogna intendere agosto (meno di cinque mesi da oggi) visto che a L’Aquila già a settembre il termometro di notte scende al di sotto dello zero.
Davanti a frasi così, i casi sono due.
Nel primo si è portati a pensare a deliri di onnipotenza miracolistica, come la potestà di procrastinare sine die la durata dell’estate (ma come ambizione anche per lui mi sembra eccessiva), o quella di riuscire a ricostruire (o ristrutturare rinforzando) in meno di cinque mesi abitazioni che non siano baracche per oltre sessantamila persone senza casa.
L’esperienza friulana insegna – e lo sottolinea anche il presidente della giunta regionale Tondo che politicamente è in posizioni molto lontane dalle mie – che senza baracche solide e dignitose il Friuli non sarebbe uscito così dalle sue disgrazie.
Nel secondo caso, invece, non a delirio di onnipotenza si deve pensare, ma a semplice e cinico calcolo elettorale: promettiamo pure qualunque cosa, anche la più incredibile, prima delle consultazioni europee e amministrative. Poi si tenterà di non far ricordare le promesse non mantenute anche perché non mantenibili, ma se qualcuno dovesse insistere, pazienza: a elezioni già effettuate non sarà poi tanto importante.
Un’ipotesi malevola dettata da lontananza politica? Può anche essere, ma questa ipotesi non mi sembra assolutamente campata per aria se ricordiamo che lo stesso Berlusconi ha ammesso che, pur di non accorpare il referendum alle elezioni per non far cadere il proprio governo davanti al ricatto leghista, ha accettato di spendere in altra maniera 460 milioni di euro che potevano essere destinati ai terremotati.
L’auspicio che arriva da tutto il Friuli – che l’esperienza di inverni da terremotati l’ha già passata – è che intanto, al di là della propaganda a parole, almeno qualcuno pensi seriamente a realizzare le tanto vituperate “baracche” capaci di riparare dalle intemperie e di assicurare a chi vi abita temporaneamente la necessaria dignità.
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