domenica 12 marzo 2023

La maledizione del male minore

Eyal Weizmann ha suggerito l’ipotesi che «il male minore costituisca il nuovo nome della nostra barbarie». E francamente è arduo dargli torto, anche se difficilmente potremmo – o almeno potrei – negare che qualche volta proprio la ricerca del “male minore” ha indirizzato le nostre scelte di vita. Basterebbe pensare a tutti i voti dati nelle elezioni di ogni ordine e grado: quante volte siamo andati a mettere la scheda nell’urna con l’incrollabile certezza di aver barrato il simbolo e il nome migliori in assoluto? Quasi mai!

E, del resto, a pensarci bene, non è che sia stata proprio la scelta dell’apparente “male minore” a tarpare le ali sul nascere a qualunque ricerca del bene maggiore? E, in definitiva, ad averci fatto sprofondare in quella specie di Inferno dantesco nel quale viviamo oggi, sentendo sempre la paura che la Giudecca (la parte più bassa e terribile dell’Inferno stesso) sia ancora da raggiungere?

D’accordo, il rischio c’è, ma qualsiasi rivoluzione porta con sé, oltre ai valori che la ispirano e alla speranza di cambiare il mondo in cui si vive, anche l’alea della sconfitta che, quando arriva, è sempre dolorosa, se non addirittura traumatica e definitiva in tutti i sensi.

Insomma, per impostare qualsiasi tipo di progresso, l’ingrediente più importante resta sempre la radicalità delle proprie convinzioni che non va assolutamente confusa con la radicalità delle proprie posizioni. Per arrivare a un esempio che ci è sufficientemente vicino nel tempo, era stata questa la grande intuizione di Romano Prodi quando aveva creato “L’ulivo”: trovare i valori comuni tra gli eredi della sinistra comunista e in gran parte socialista e quelli del cristianesimo sociale e su questi lavorare, rimandando l'affrontare i punti di attrito: un’intuizione che aveva affascinato così tante persone da rendere possibile la prima delle due vittorie sue contro Berlusconi. Poi Prodi cadde perché qualcuno aveva confuso il significato di radicalità ideale con radicalità strategica, tanto da preferire una sconfitta totale e una dannazione sociale per molti, anche dei suoi, piuttosto che conquistare comunque una parte di terreno sociale accettando di rinviarne il completamento a tempi ancora più propizi.

Poi c’è stata la maledizione della “vocazione maggioritaria” con cui velleitariamente si volevano accantonare le regole del vivere in un sistema proporzionale e, con le susseguenti sconfitte in serie, si è precipitati in una depressione per uscire dalla quale si è stati disposti a molti compromessi, addirittura, in un periodo, con una parte della destra. E qui i danni sono diventati terribili perché il centrosinistra ha perduto, o almeno confuso, ogni connotato politico, tanto da farci chiedere se era ancora giusto chiamarlo così.

E, perdendo la propria fisionomia politica, ha perso anche la maggior parte dei propri elettori che, alla lunga, si sono stufati di votare per “il male minore” e non sono più andati alle urne. Questo non è stato compreso dai dirigenti del PD e la dimostrazione è stata la clamorosa divaricazione di preferenze nelle ultime, recentissime primarie: i circoli che scelgono Bonaccini e gli elettori che fanno vincere Schlein.

Ora lo sforzo – non semplice – è quello di far nuovamente riunire apparato e popolo: la presidenza del partito offerta a Bonaccini va in questo senso, ma sarebbe una iattura se si pensasse di tentar di annacquare il significato del successo della Schlein perché i voti non li si deve cercare tra gli altri partiti che più o meno possono avvicinarsi al Pd in determinate circostanze: lo sforzo deve essere quello di riacquistare un volto nuovamente di sinistra, di impegno sociale per ridurre le disuguaglianze e applicare la Costituzione, che possa far decidere di tornare alle urne coloro che ormai si sono definitivamente rifiutati di votare per “il male minore”, ma che hanno ancora la speranza di votare per i valori di cui sono convinti.

Forse non ci si riuscirà subito perché sarà difficile sgretolare una diffidenza ormai incrostata nel cuore di tantissimi cittadini, ma questa è l’unica strada possibile da seguire per recuperare la speranza.

A continuare nell’accettazione del male minore siamo arrivati a essere governati da Meloni, Salvini, Piantedosi, Valditara, Sangiuliano, Nordio; a rischiare che se – Dio non voglia – Mattarella dovesse ritirarsi, la presidenza potrebbe andare sia pure temporaneamente, a La Russa, o addirittura a Fontana.

Altro che “male minore”: siamo in pieno disastro maggiore.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

2 commenti:

  1. Non c’è fine al peggio. Le condizioni economiche e politiche fanno preludere a scenari disastrosi, e non sono pessimista.

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  2. Concordo su tutto. Spero che Elly Schlein non venga bloccata dai giochetti dei tradizionalisti del PD o peggio da provocatori qualunquisti. Grazie

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