A guardare i risultati delle elezioni a livello nazionale paragonandoli con quelli che sono usciti dalle urne regionali, viene il dubbio che i responsi riguardino due mondi, o due epoche diverse.
In Italia spicca una debacle assoluta della Lega salviniana, la quasi totale scomparsa, tranne che in Calabria, di Forza Italia e una buona affermazione di Fratelli d’Italia che, però, non è assolutamente all’altezza delle aspettative suggerite alla Meloni dai sondaggi.
Nel Friuli Venezia Giulia, invece, c’è stato un largo dominio dei partiti di destra, con una tenuta, ma non certamente una clamorosa riscossa, da parte del PD, con punte a Trieste dove la serietà e l’impegno di Francesco Russo gli ha permesso, pur in forte svantaggio, di arrivare al ballottaggio con Di Piazza, e a San Vito al Tagliamento dove la tradizione di sinistra è evidentemente ancora abbastanza radicata.
Unico tratto in comune tra nazione e regione, la quasi totale scomparsa dei 5stelle che ormai è difficile chiamare grillini visto che il loro inventore, Beppe Grillo, non amando l’odore della sconfitta, si è decisamente allontanato dalla sua creatura.
La domanda, inevitabile per un elettore di centrosinistra nostrano, è: ma cosa abbiamo fatto di male per avere un centrosinistra così debole?
La prima risposta è immediata, evidente e incontrovertibile: la colpa è nostra. Ci siamo limitati ad andare a votare – e nemmeno tutti – quando siamo stati chiamati alle urne e per il resto ci siamo dimenticati di reagire davanti a ogni errore, o a ogni mancanza, o per assoluto disinteresse, o, ancor peggio, per un’errata interpretazione del concetto di delega che in una democrazia rappresentativa è doverosa per demandare alcune scelte ai competenti e agli esperti che teoricamente dovremmo scegliere con il voto, ma che non può assolutamente comprendere anche la delega di responsabilità che non può che essere personale e riferirsi anche alle scelte sbagliate.
La seconda può presupporre l’esistenza di una destra talmente forte da cancellare ogni buona cosa che odori, pur vagamente di sinistra. Questa ipotesi può essere consolatoria e suggestiva, ma in realtà la destra di questa regione e delle sue varie articolazioni territoriali, ha soltanto saputo moderare i deliri sovranisti, no-vax e no-green pass di Salvini e della Meloni. Per il resto ha saputo nascondere, sotto la coperta di un’accettabile gestione dell’emergenza del Covid, un’ulteriore spinta verso la sanità privata anche se la stessa pandemia ha dimostrato ad abundantiam che i danni in termini di vite umane sarebbero stati decisamente minori se la sanità pubblica non fosse stata così ferocemente depredata nei decenni precedenti. Ha poi scaricato sulle leggi salviniane ogni disumanità nei confronti dei migranti e ha saputo nascondere, non soltanto a Udine, sotto spessi manti di asfalto steso a coprire buche di strade e marciapiedi, anche l’assoluta mancanza di progettualità per un futuro capace di proporre miglioramenti sociali, amministrativi e culturali.
La terza risposta è probabilmente quella che più si avvicina alla realtà, o che, almeno, compone la maggior parte del mosaico che rappresenta le scelte regionali: il centrosinistra, con il PD in testa, non ha saputo, o non ha voluto, parlare agli elettori. E non soltanto questa non è la prima volta, ma sembra ormai diventata una deprecabile tradizione.
Questo non accade perché questa parte politica non ha nulla da dire in campo sociale, economico, culturale, legislativo – bene o male Enrico Letta che pure non è un fuoriclasse della comunicazione ha saputo dare molte indicazioni evidentemente ben accettate nel resto d’Italia – ma soprattutto in quanto il partito appare del tutto chiuso in se stesso, sempre deciso a bloccare le liste per non permettere agli elettori di esprimere preferenze reali, capace di discutere anche animatamente, ma soltanto al suo interno, impiegando nelle dispute interne una parte non trascurabile delle proprie energie che invece sarebbero più preziose per combattere gli avversari esterni. E questo fatto riguarda tutti i partiti di sinistra, più impegnati a mettere in rilievo le piccole cose che li dividono che le grandi che li uniscono.
Tutto questo evidentemente non solo non dà buoni frutti, ma tende ad allontanare tutti coloro che pur sarebbero vicini a un centrosinistra che dovrebbe essere capace di unire i principi della sinistra laica con quelli del cristianesimo sociale.
Nel 2022 ci saranno elezioni di non piccola importanza, tra cui quelle comunali di Gorizia e di Monfalcone. Nel 2023 ci saranno quelle regionali e le comunali di Udine. Il centrosinistra di questa regione ha intenzione di reagire velocemente, oppure preferisce rassegnarsi a perdere ancora, ma soprattutto a condannare alla sconfitta i suoi possibili elettori?
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
Nessun commento:
Posta un commento