giovedì 27 maggio 2021

L'etica del limite

funivia Quattordici morti e un orfano salvato dal disperato abbraccio del papà: un bilancio straziante per non rinunciare nemmeno temporaneamente ai proventi turistici di una funivia. Se avessimo letto questa storia in un libro, o l’avessimo vista in un film, probabilmente avremmo pensato che scrittori e sceneggiatori, nella continua e crescente ricerca di sensazionalismo, finiscono per esagerare tanto da non rendere credibili le loro storie. Ma sul Mottarone era di scena la realtà; incredibile, ma vera. Erano di scena la grettezza, la disumanità di chi considera il proprio denaro più importante della vita altrui, l’egoismo di chi pone il proprio successo, misurabile in risultati economici, davanti a qualsiasi altra cosa.

Alcuni – e non soltanto gli avvocati difensori – diranno che nessuno avrebbe mai potuto prevedere che il cavo traente si sarebbe spezzato e che, quindi, il freno di sicurezza non avrebbe mai dovuto entrare in funzione. Dunque, nessuno avrebbe mai avuto la possibilità di accorgersi che sul freno di sicurezza era stato messo un forchettone per bloccarlo e nascondere, così, un’anomalia non individuata che ogni tanto faceva bloccare le gabine e costringeva a fastidiosi recuperi manuali. Le probabilità che un evento simile potesse succedere – direbbero ancora gli avvocati e i difensori in genere – erano scarsissime e, quindi, la decisione che si potesse rischiare è apparsa molto facile.

Una decisione facile e capace di uccidere quattordici persone, di annientare cinque famiglie. Una decisione spinta anche dalla smania di voler cancellare il Covid e le sue limitazioni per riprendere quella cosiddetta “vita normale” che di normale ha davvero poco e che non vuole nemmeno pensare a quei 125 mila italiani che il Covid ci ha portato via e che sembrano essere diventati – eccezion fatta che per i parenti e per chi ha voluto loro bene – soltanto una delle tante statistiche.

Che il virus avrebbe finito per cambiare la nostra vita anche al di là della durata della pandemia vera e propria era ed è scontato. Quello che forse nessuno avrebbe immaginato con chiarezza è che ci avrebbe inflessibilmente messo di fronte alle nostre contraddizioni mentre ancora l’emergenza sanitaria è ben lontana dal poter essere considerata conclusa. E che ci avrebbe costretto ad affrontare di petto questioni che per anni abbiamo fatto di tutto per procrastinare, sperando magari di trasmettere l'obbligo di risolverle a chi verrà dopo di noi.

Fin dall'inizio siamo stati messi di fronte ai diversi modi di intendere il concetto di libertà e ai problemi che queste interpretazioni, spesso divergenti più che diverse, hanno creato nella nostra vita di ogni giorno: basterebbe pensare al rifiuto di vaccinarsi anche da parte di persone appartenenti a categorie sensibili che, con il loro rifiuto, finiscono per mettere a repentaglio la salute di altri che, invece, avrebbero il diritto – prevalente per la Costituzione, e, non solo per questo, anche per me – di vederla salvaguardata. E i campi in cui queste contraddizioni sono già deflagrate sono tantissimi e diventano sempre di più.

Sempre pensando al bene comune, è evidente il fatto che dobbiamo davvero interrogarci sul concetto di limite; anzi, sull’etica del limite, fin dove è lecito arrivare e quando è doveroso fermarsi. E anche quali sono i limiti accettabili e quali, invece, vanno superati.

Pensateci. Fin dove è lecito allargare le alleanze politiche? Per capirci, non è forse contro natura, e quindi foriera di disgrazie sociali, un’alleanza tra Pd e Lega? Fin dove è lecito semplificare le pratiche degli appalti, andando a minare ulteriormente i non sempre severi controlli sulla sicurezza sul lavoro e le già scarse difese dell’occupazione, dell’ambiente, della società civile sempre più profondamente invasa dalle mafie? Fin dove è lecito pensare soltanto all’oggi, rifiutando di preparare e prefigurare il futuro? E le domande potrebbero proseguire quasi all’infinito.

Tenete presente che sono i limiti, e la loro accettazione o il loro rifiuto, molto più che le consonanze, a definire le differenze politiche. E non per nulla proprio nell’epoca in cui dell’etica dei limiti non si è voluto più parlare, la politica è affogata in quella melma indistinta nella quale anche il parlare di destra e sinistra appariva addirittura provocatorio, in cui l’aggettivo “divisivo” appariva – o, meglio, ancora appare – non un aggettivo capace di descrivere una ovvia realtà, ma una specie di parola offensiva.

Di questa etica del limite dobbiamo riprendere a parlare subito e il più spesso possibile. Perché da quella melma è necessario uscire subito. A ogni livello. Personalmente lo sento come un dovere.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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