mercoledì 17 febbraio 2021

Una semplice domanda

Niente di nuovo sotto il sole politico italiano: un governo che non può entusiasmare non foss’altro perché ha in sé tutto e il contrario di tutto; un presidente del consiglio al quale fino a ieri si guardava con diffidente ammirazione e dal quale oggi si pretendono poteri taumaturgici; una disinvolta capacità di moltissimi di cambiare apparentemente bandiera in tempi brevissimi; un’attenzione spasmodica da parte di quasi tutti i partiti ai sondaggi ben prima che alle necessità degli elettori che hanno il compito di rappresentare. L’unica novità – che però non porta allegria – è rappresentata dal fatto che questa volta parte del governo attacca il resto del governo prima ancora che il governo stesso abbia ottenuto la fiducia dalle Camere.

Il primo e violentissimo scontro, mentre le varianti del virus proiettano ombre sinistre su una situazione pandemica che non migliora come si sarebbe voluto, riguarda la proibizione di riaprire gli impianti di risalita e, quindi, in pratica, la definitiva cancellazione della stagione sciistica di questo nevoso inverno. È innegabile che aver deciso il prolungare fino al 5 marzo la chiusura a poche ore soltanto dalla proclamata riapertura è stato un errore clamoroso perché ha comportato la perdita di fatiche, spese e investimenti da parte di albergatori, ristoratori, maestri di sci e categorie in genere impegnate con le vacanze invernali. Ma è anche chiaro che la responsabilità della decisione ricade sulle spalle dell’intero governo uscente e non soltanto su quelle del ministro Speranza che già da tempo, seguendo le indicazioni del comitato scientifico, chiedeva misure più drastiche, sempre osteggiato dai presidenti di varie regioni, oltre che da alcuni ministri che evidentemente avevano più peso di Speranza nelle decisioni di Conte.

Ma il ritardo nell’annuncio dello stop è l’unico argomento sul quale si può discutere. Farlo sulla sostanza della decisione è davvero un non senso perché, a parer mio, per mettere fine a ogni discussione basterebbe porre agli appassionati dello sci una semplice domanda: “Saresti disposto a morire, o a perdere un figlio, un coniuge, un genitore, un parente, un amico, o anche un conoscente, pur di poterti fare una sciata?”. Perché non è mica detto – e in molti lo abbiamo già amaramente constatato – che la morte vada a colpire soltanto lontano da noi. Oppure, sostituendo la parola “sciata” con “riapertura”, rivolgere la stessa domanda a chi con lo sci lavora e vive e in questo lungo frangente ha assolutamente diritto di essere aiutato dallo Stato.

Perché, mentre stiamo avvicinandoci alla terribile cifra di centomila morti soltanto in Italia, dovremmo cominciare a usare di nuovo le parole che devono essere usate. E una di queste parole, mai pronunciata ma sempre incombente sulla nostra coscienza, per quanto questo nome possa fare orrore, è “omicidio”. Magari preterintenzionale, ma sempre omicidio è. E non è un’esagerazione perché favorire i contagi significa far aumentare i malati e sappiamo bemissimo che una percentuale di chi si ammala non riuscirà a farcela.

Chiedetevi quanti morti si sarebbero potuti evitare se la sanità pubblica non fosse stata massacrata per decenni da una politica dissennata che favoriva la sanità privata accampando a propria discolpa il fatto che doveva fare i conti con una povertà di bilancio causata dal fatto che l’evasione fiscale, mai davvero combattuta, si aggira intorno ai 120 miliardi di euro l’anno, una cifra che potrebbe risistemare tutto il comparto in un paio di anni? Quanti morti si sarebbero potuti evitare se, per abietti calcoli politici, la scorsa estate alcuni non si fossero impegnati ad accusare il governo di essere liberticida perché imponeva mascherine e distanziamenti? Quanti morti si sarebbero potuti evitare se molte cose non fossero state rallentate o fermate da una crisi di governo che avrebbe potuto benissimo non esserci? Quanti morti si potrebbero evitare se nella vicenda dei vaccini i guadagni stratosferici delle ditte farmaceutiche fossero considerati – come in realtà davvero sono – molto meno importanti anche di una sola vita umana? Quanti morti si sarebbero potuti evitare se non fossero state esposte in pubblico da coloro che sono considerati “esperti” delle diatribe intestine che hanno ingenerado esitazioni e dubbi in molti e hanno procurato false giustificazioni a negazionisti e no vax? Quanti morti si sarebbero potuti evitare se non ci si fosse insensatamente ammassati ogni qual volta il colore della zona in cui si vive ha puntato sul giallo?

È una domanda semplice alla quale tutti dovrebbero rispondere in coscienza, magari avvertendo figli, coniugi, genitori, parenti, amici e conoscenti della propria scelta. Perché nessuna scelta collettiva – presa a maggioranza o d’imperio, non importa – può ridurre la propria responsabilità personale.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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