Verrebbe da dire
che ha disturbato tutti la spudorata recita di Salvini che, sul palco
della manifestazione sovranista di Piazza Duomo, a Milano, durante il
comizio ha impugnato ancora una volta un rosario e ha chiuso il suo
intervento nominando la Madonna «che sicuramente – ha detto – ci porterà
alla vittoria». E che immediatamente dopo ha attaccato Papa Francesco
istigando i suoi seguaci a fischiarlo.
Ha scandalizzato i credenti perché
si è trattato del tipico esempio del «Non nominare il nome di Dio
invano». Ha indignato i non credenti che si cullavano nell’illusione che
finalmente si stesse riuscendo a dare «a Cesare quel che è di Cesare e a
Dio quel che è di Dio». Ha fatto sdegnare coloro che non sono non
credenti e che con questa doppia negazione intendono dire che sanno
soltanto che non sapranno mai nulla, anche se per loro Dio resta sempre
una speranza, un ottativo, ne sono, come dice un amico, “simpatizzanti”.
L’esibizione, ovviamente, ha destato
le reazioni più esplicite proprio tra i credenti e soprattutto nella
Chiesa. La prima è stata quella del cardinale Parolin che ha detto: «La
politica partitica divide, Dio invece è di tutti. Invocare Dio per se
stessi è sempre molto pericoloso». Il settimanale Famiglia Cristiana ha
scritto: «Il rosario brandito da Salvini e i fischi della folla a Papa
Francesco: ecco il sovranismo feticista». Sdegnato anche l’Avvenire che
poco più in là annota anche che il sedicente ministro degli Interni
afferma che «Nel 2019 si sono avuti solo due morti in mare», mentre
l’Alto commissariato per i rifugiati dell’ONU ne conta 402 e l’OIM
(Organizzazione internazionale migranti), sempre per le Nazioni Unite,
307.
Il presidente della CEI, cardinale
Gualtiero Bassetti, invita a «non disertare» il voto di domenica nella
consapevolezza che il problema non è soltanto l’Europa, su cui «soffiano
populismi e sovranismi», «bensì l’Italia, nella nostra fatica a vivere
la nazione come comunità politica». E chiede al Paese di ricominciare
dalla sua storica capacità di accoglienza, dalla proposta di un
«umanesimo concreto». «Come italiani – afferma – dovremmo essere il
volto migliore dell'Europa per dare più fierezza ai nostri giovani, ai
nostri emigrati e a quanti sbarcano sulle nostre coste, perché siamo il
loro primo approdo». E in questa situazione non può non far piacere la
notizia che Papa Francesco ha chiesto ai vescovi un Sinodo che
ricostruisca finalmente la base di un rapporto proficuo tra fede e
politica.
Eppure, pur nello sdegno generale
per le frasi di Salvini e il suo cattolicesimo utilitaristico, ci sono
anche zone in cui si preferisce tacere, o addirittura approvare a mezza
voce, sia a livello di episcopati, sia di parrocchie in cui alcuni
considerano il “capitano” della Lega, che curiosamente questa volta non
si è travestito da cardinale, il male minore. E ti viene il dubbio che,
pur se consacrati, abbiano letto distrattamente il Vangelo, o abbiano
ritenuto più comodo dimenticarne larghe parti.
Eppure, anche se non possiamo sapere
nulla di certo sul Creatore, qualche certezza riusciamo ad averla. Per
esempio quella che – mi scuso per la rozzezza e limitatezza del
linguaggio – non è un Dio moderato, ma è sicuramente un Dio estremista;
se per moderato intendiamo colui che cerca compromessi e per estremista
chi li rifiuta nel nome dei propri valori. Perché di sicuro non può
essere contemporaneamente il Dio dei ricchi e il Dio dei poveri; il Dio
di chi vuole la pace e di chi legittima le guerre; non può essere il Dio
dei razzisti e degli aliofobi e insieme il Dio di chi sa accogliere con
carità cristiana; il Dio dei forti, dei potenti e dei prepotenti e il
Dio dei deboli, dei fragili, degli emarginati, degli ultimi; il Dio di
chi usa il potere per prevaricare e sentirsi al di sopra delle leggi e
il Dio di chi sente il potere come servizio.
È come se all’interno del
cattolicesimo si adorassero degli dei diversi in una specie di
politeismo non riferito ai nomi, ma alla sostanza. È vero: questo
inatteso politeismo non si concretizza soltanto nella Chiesa cattolica.
Nell’ebraismo Netanyhau, oggi, e Perez e Rabin, ieri, usano lo stesso
nome per indicare entità divine terribilmente diverse e nell’islam, al
di là dell’ancestrale inimicizia tra sciiti e sunniti, ci sono enormi
differenze tra il dio dei fondamentalisti terroristi e quello della
maggior parte della gente che, invece, ha un rapporto pacifico con il
suo Creatore.
Ma tutto questo non lo si può
superare con un semplice «Mal comune, mezzo gaudio», anche perché si
creda a Dio o meno, il Vangelo resta il testo sul quale si poggia gran
parte dello sviluppo etico e sociale degli esseri umani e far finta che
non esista, o addirittura tentar di travisarne il significato di amore
per il prossimo è un modo certo per prolungare questa maledetta notte
che stiamo attraversando.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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