mercoledì 22 maggio 2019

Cattolicesimo e altri politeismi

Verrebbe da dire che ha disturbato tutti la spudorata recita di Salvini che, sul palco della manifestazione sovranista di Piazza Duomo, a Milano, durante il comizio ha impugnato ancora una volta un rosario e ha chiuso il suo intervento nominando la Madonna «che sicuramente – ha detto – ci porterà alla vittoria». E che immediatamente dopo ha attaccato Papa Francesco istigando i suoi seguaci a fischiarlo.
 
Ha scandalizzato i credenti perché si è trattato del tipico esempio del «Non nominare il nome di Dio invano». Ha indignato i non credenti che si cullavano nell’illusione che finalmente si stesse riuscendo a dare «a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Ha fatto sdegnare coloro che non sono non credenti e che con questa doppia negazione intendono dire che sanno soltanto che non sapranno mai nulla, anche se per loro Dio resta sempre una speranza, un ottativo, ne sono, come dice un amico, “simpatizzanti”.

L’esibizione, ovviamente, ha destato le reazioni più esplicite proprio tra i credenti e soprattutto nella Chiesa. La prima è stata quella del cardinale Parolin che ha detto: «La politica partitica divide, Dio invece è di tutti. Invocare Dio per se stessi è sempre molto pericoloso». Il settimanale Famiglia Cristiana ha scritto: «Il rosario brandito da Salvini e i fischi della folla a Papa Francesco: ecco il sovranismo feticista». Sdegnato anche l’Avvenire che poco più in là annota anche che il sedicente ministro degli Interni afferma che «Nel 2019 si sono avuti solo due morti in mare», mentre l’Alto commissariato per i rifugiati dell’ONU ne conta 402 e l’OIM (Organizzazione internazionale migranti), sempre per le Nazioni Unite, 307.

Il presidente della CEI, cardinale Gualtiero Bassetti, invita a «non disertare» il voto di domenica nella consapevolezza che il problema non è soltanto l’Europa, su cui «soffiano populismi e sovranismi», «bensì l’Italia, nella nostra fatica a vivere la nazione come comunità politica». E chiede al Paese di ricominciare dalla sua storica capacità di accoglienza, dalla proposta di un «umanesimo concreto». «Come italiani – afferma – dovremmo essere il volto migliore dell'Europa per dare più fierezza ai nostri giovani, ai nostri emigrati e a quanti sbarcano sulle nostre coste, perché siamo il loro primo approdo». E in questa situazione non può non far piacere la notizia che Papa Francesco ha chiesto ai vescovi un Sinodo che ricostruisca finalmente la base di un rapporto proficuo tra fede e politica.

Eppure, pur nello sdegno generale per le frasi di Salvini e il suo cattolicesimo utilitaristico, ci sono anche zone in cui si preferisce tacere, o addirittura approvare a mezza voce, sia a livello di episcopati, sia di parrocchie in cui alcuni considerano il “capitano” della Lega, che curiosamente questa volta non si è travestito da cardinale, il male minore. E ti viene il dubbio che, pur se consacrati, abbiano letto distrattamente il Vangelo, o abbiano ritenuto più comodo dimenticarne larghe parti.

Eppure, anche se non possiamo sapere nulla di certo sul Creatore, qualche certezza riusciamo ad averla. Per esempio quella che – mi scuso per la rozzezza e limitatezza del linguaggio – non è un Dio moderato, ma è sicuramente un Dio estremista; se per moderato intendiamo colui che cerca compromessi e per estremista chi li rifiuta nel nome dei propri valori. Perché di sicuro non può essere contemporaneamente il Dio dei ricchi e il Dio dei poveri; il Dio di chi vuole la pace e di chi legittima le guerre; non può essere il Dio dei razzisti e degli aliofobi e insieme il Dio di chi sa accogliere con carità cristiana; il Dio dei forti, dei potenti e dei prepotenti e il Dio dei deboli, dei fragili, degli emarginati, degli ultimi; il Dio di chi usa il potere per prevaricare e sentirsi al di sopra delle leggi e il Dio di chi sente il potere come servizio.

È come se all’interno del cattolicesimo si adorassero degli dei diversi in una specie di politeismo non riferito ai nomi, ma alla sostanza. È vero: questo inatteso politeismo non si concretizza soltanto nella Chiesa cattolica. Nell’ebraismo Netanyhau, oggi, e Perez e Rabin, ieri, usano lo stesso nome per indicare entità divine terribilmente diverse e nell’islam, al di là dell’ancestrale inimicizia tra sciiti e sunniti, ci sono enormi differenze tra il dio dei fondamentalisti terroristi e quello della maggior parte della gente che, invece, ha un rapporto pacifico con il suo Creatore.

Ma tutto questo non lo si può superare con un semplice «Mal comune, mezzo gaudio», anche perché si creda a Dio o meno, il Vangelo resta il testo sul quale si poggia gran parte dello sviluppo etico e sociale degli esseri umani e far finta che non esista, o addirittura tentar di travisarne il significato di amore per il prossimo è un modo certo per prolungare questa maledetta notte che stiamo attraversando.

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