venerdì 6 luglio 2018

Non ci sono terze vie

Sarebbe il caso di metterselo velocemente e bene in testa: tutto questo non passa da solo. La storia ha dimostrato abbondantemente che se si lascia che un cancro sociale si estenda senza nemmeno tentare di opporvisi, diventa incurabile e può essere estirpato soltanto dopo momenti traumatici e drammatici, come guerre e rivoluzioni. E, allora, è il caso di chiederci – proprio adesso e non domani, perché il tempo forse potrebbe essere già scaduto – se intendiamo opporci a Salvini e soprattutto alle sue idee, o se preferiamo diventarne complici. Con la fastidiosa, ma innegabile coscienza che terze vie non ce ne sono perché, come giustamente ha detto Edmund Burke e altrettanto giustamente ha ricordato Martin Schultz «Per far vincere il male, è sufficiente che i buoni non facciano nulla».

Davanti a questa frase molti domandano se chi la pronuncia non è presupponente nel pensare di rappresentare il bene. E hanno ragione perché il bene è troppo perfetto per poter essere racchiuso in una sola persona, o anche in una sola idea; figuriamoci in un gruppo di persone, o in una nazione.

Ma se il bene non è facilmente definibile, sull’individuazione del male non ci possono essere dubbi. A meno che, ovviamente, non si rinunci a una buona parte della propria umanità.

Vi sembra davvero totalmente umano un ministro degli Interni che pretenda di far chiudere i porti alle navi che salvano i migranti che naufragano nel Mediterraneo? Che pretenderebbe che le navi italiane venissero meno agli obblighi di solidarietà che da sempre sono rispettati in mare? Che tenta di imporre ai prefetti di ridurre, a prescindere da questioni di sostanza, il numero di accoglimenti di domande di asilo politico, di protezione sussidiaria e di protezione umanitaria, specificando che anche madri, bambini e malati non devono sentirsi al riparo? 
Molto più beceramente umano, ma pur sempre umano, appare quando tenta di non ritenersi chiamato in causa dalla sentenza della Corte di Cassazione che impone la restituzione di 49 milioni di euro indebitamente incassati e fatti sparire dalla Lega, con la furbesca motivazione che quella si chiamava “Lega Nord” e quella di oggi si chiama “Lega per Salvini premier”.

E che il cancro si stia diffondendo non lo si evince soltanto dal comportamento di Salvini, coerentemente e progressivamente sempre più eterofobo e razzista, ma soprattutto da come sta cambiando il comportamento di molti, troppi italiani. Ce ne accorgiamo ogni giorno di più, in strada, al bar, guardando i giornali, o, per chi ne ha ancora lo stomaco, leggendo i vomitatoi di odio legati ai social network.

Di esempi ce ne sono a bizzeffe, ma uno accaduto ad Alassio qualche giorno fa mi sembra davvero emblematico. Nella località turistica ligure c’è un cagnolino addestrato a ringhiare solo «quando passano i negri – spiega la sua padrona, comproprietaria di un albergo con bagno annesso – perché li riconosce dall’odore; non contro quelli ricchi, ma solo quelli contro che hanno odore». Il cagnolino abbaia contro un ragazzo di colore, alcuni bagnanti ridono, applaudono e lo incitano, ma una signora li invita a smettere e loro la prendono in giro e una donna la offende pesantemente con riferimenti sessuali alla signora stessa e ai migranti. La proprietaria del cane, lungi dal sentirsi imbarazzata dall’avere un cane “razzista”, si affretta a specificare che «sì, la signora è stata offesa ma da clienti non del nostro hotel. Poi è vero che il mio cane ringhia contro i negri che hanno odore, ma non ha mai azzannato nessuno».

Siete d’accordo che non c’è più tempo se si vuole evitare che la nostra umanità e la nostra Costituzione vengano sgretolate ogni giorno di più? Siete d’accordo che tra l’opporsi e l’essere complici non c’è una terza via?

Indossare una maglietta, o una camicia rossa, come ha chiesto don Ciotti per questo sabato, «per fermare l’emorragia di umanità», può apparire un piccolo gesto, ma resta sempre un gesto di disobbedienza; resta sempre una testimonianza che ancora c’è gente che è capace di dire «NO!» alla barbarie e alla disumanità. La testimonianza non è soltanto importante: quasi sempre è determinante.


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