Credo che il Pd, se non vuol far perdere quel capitale di fiducia e di entusiasmo che amministrative e referendum hanno forse inopinatamente portato al centrosinistra, non possa far altro che espellere – e anche in fratta – il senatore Alberto Tedesco. Non lo dico perché sappia con certezza che è colpevole delle accuse a lui ascritte: spetta alla magistratura e non a chi legge giornali e ascolta interviste assumere il ruolo di giudice in faccende penali. Lo dico perché è sicuramente colpevole di indegnità politica.
Tedesco, al di là di quella richiesta ai colleghi di permettere il suo arresto – richieste che si è rivelata una sceneggiata, visto quello che è successo dopo il voto negativo del Senato alla concessione degli arresti – ora non soltanto sta recitando la parte della vittima perseguitata da democristiani e comunisti perché una volta era socialista e attacca indiscriminatamente Bersani, Bindi, Letta, Veltroni e Serracchiani. Ma fa ancora di peggio: ricorda al PD da cui minaccia di uscire, restando comunque attaccato alla poltrona di senatore, che lui e i suoi candidati contano per 48-50 mila voti che valgono un deputato, un senatore e un parlamentare europeo.
È questo che deve farlo espellere da un partito di centrosinistra – se tale davvero è – perché non è ammissibile che si possa pensare che innocenza e colpevolezza siano dipendenti dalla quantità di voti che uno riesce a raccattare. Non è accettabile un ricatto che assomiglia moltissimo a un voto di scambio: i miei voti nell’urna in cambio dei vostri per la mia impunità. Non è accettabile che una qualunque persona che si dice di centrosinistra ragioni esattamente come un Berlusconi qualsiasi: è il popolo che mi giudica, non la giustizia.
Se Tedesco non se ne va da solo deve essere assolutamente accompagnato al più presto alla porta: non necessariamente perché sia colpevole di malversazioni varie, ma perché è sicuramente colpevole di egocentrismo e berlusconismo. Se il PD non lo farà tradirà già in anticipo la fiducia di tanta gente che forse sarebbe anche disposta a tornare a votare con un entusiasmo che da tanto tempo non provava più.
Il discorso per Penati è diverso, ma le conclusioni sono identiche: lui, più dignitosamente, si è autosospeso dalle sue cariche, ma non si è dimesso. Però le testimonianze contro di lui sono troppe per poter pensare che si tratti soltanto di casi di mitomania. E viste le cariche di grande responsabilità che ha ricoperto all’interno del partito toccherebbe a lui togliersi almeno temporaneamente di mezzo per evitare che lo stesso PD possa essere infettato dal sospetto. Se non lo fa lui, sia il partito a chiederglielo con pressante urgenza. Perché è ora che il centrosinistra torni ad agire in prima persona e non soltanto a reagire davanti alle decisioni e alle azioni altrui.
Si tratta di fiducia, materia terribilmente scarsa in questi decenni e che ora sarebbe un delitto sprecare. Un delitto contro tutti gli italiani.
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