Quasi cento giovani sono stati uccisi da un folle aliofobo (laddove gli altri sono tutti quelli che non sono religiosamente, socialmente, politicamente esattamente come lui) in Norvegia. Dolore e sgomento riempiono l’animo e avrebbero il diritto di macinare a lungo nella nostra anima, perché purtroppo nulla come i drammi, riesce a farci pensare, ragionare, a conoscere noi stessi, a capire che la storia si ripete nelle sue bassezze più orrende, a meno che non si faccia qualcosa per impedirlo: magari con l’impegno della testimonianza, spesso con la parola e con il ricordo.
Ma in Italia neppure il momento della riflessione è concesso perché davvero tutto viene usato per fare propaganda: anche i morti, anche una strage. “Libero” di Belpietro subito dopo le stragi titola: “Con l’Islam il buonismo non paga. Norvegia sotto attacco: un massacro”. Poi, saputo che di tutt’altro si tratta, è costretto per l’ennesima volta a fare marcia indietro e dice: “Abbiamo scritto che la responsabilità della tragedia nel Nord Europa ricadeva sui fanatici di Allah perché tutto lo faceva pensare, a partire dall’immediata rivendicazione di un gruppo jihadista. Solo nella notte le autorità norvegesi hanno fatto sapere che il sospettato numero uno è sì un fanatico, ma biondo e sedicente cristiano nemico dei musulmani. Dunque abbiamo offerto una lettura sbagliata, ma con qualche ragione”.
Intanto vorremmo capire perché gli assassini musulmani sono musulmani mentre gli assassini cristiani sono “sedicenti” cristiani, e anche come mai non si è tenuto in alcun conto che fin dall’inizio la polizia norvegese aveva parlato di una pista interna, ma le cose più interessanti sono le ragioni che qui riassumo: insomma, questi musulmani non fanno altro che delinquere e fare attentati e quindi è normale che se un attentato succede si pensi a loro; anzi, se il civile Occidente produce qualche scalmanato, le ragioni della sua fissazione va cercata proprio nell’atteggiamento che Belpietro vede comune negli islamici.
Il cugino di “Libero”, “il Giornale” di Feltri e Sallusti, dà ampio spazio in prima pagina quando l’attentato sembra islamico; il giorno dopo, quando è chiaro che di tutt’altro si tratta dà il primo titolo sull’argomento a pagina 12. I morti sono passati da 17 a 92? Si vede che non è molto importante. Mi chiedo se a Feltri sarebbero bastate le prime 12 pagine per parlare della strage se la firma fosse stata davvero islamica.
In questi momenti, da giornalista, divento profondamente triste: che la mia categoria non sia fatta soltanto da galantuomini lo so bene e da molto tempo, ma gli abissi che vengono toccati eticamente e deontologicamente sono davvero sempre più profondi. Da qualche parte si invoca l’Ordine dei giornalisti affinché prenda provvedimenti contro gli autori di questi scempi del giornalismo, ma l’Ordine non può farlo perché si balocca da sempre tra l’obbligo di sanzionare chi non segue le regole professionali e la necessità – se la malafede non è provata al di là di ogni dubbio – di lasciare a tutti la libertà di pensiero e di parola.
E, allora, non sarebbe il caso di scioglierlo davvero questo Ordine che da strumento per garantire gli esterni dai soprusi degli interni si è tramutato in una specie di autoassicurazione reciproca per gli iscritti?
Ma la realtà è che non bisogna soffermarsi soltanto su un giornalismo bacato, ma occorre rendersi conto che i folli aliofobi si nutrono proprio di grandi titoli sbagliati e di smentite piccole e nascoste.
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