Berlusconi non ha più limiti. Fa attaccare violentemente dal suo dipendente più pagato e spietato l’(ex?)alleato Fini; non può ancora chiudere giornali, ma blocca le trasmissioni delle sue reti televisive e fa rimandare quelle della Rai pur di non avere concorrenza nello spot che pensa di ammanire ai telespettatori sui “successi” ottenuti nella ricostruzione d’Abruzzo; spot falso come tutta la pubblicità che si rispetti. Attacca la libertà di stampa in Italia e tenta di farlo anche all’estero. Riduce l’Italia a un punto tale che l’ONU – prorpio l’ONU. Ufficialmente – la disprezza e la redarguisce perché non rispetta i diritti umani. Pretende che la Chiesa valuti il comportamento morale in maniera diversa se il giudizio riguarda lui o gli altri. E così via, ma la lista intera sarebbe troppo lunga.
In questa situazione potrebbe sembrare assurdo continuare a parlare del prossimo congresso del PD, ma così non è perché è necessario pensare a come accelerare una caduta che è già cominciata e, soprattutto, farsi trovare pronti a raccogliere i cocci di quello che Berlusconi ha distrutto per tentare di rimetterli insieme. E, come ho detto all’inizio di queste chiacchierate, il Pd è l’unico in questo momento (visto le divisioni della sinistra e le alleanze variabili del centro) a poter ambire a rivestire il ruolo di catalizzatore delle forze di opposizione per trasformarle in forza di governo.
Ma questo potrà avvenire soltanto se saprà attrarre quelle tante centinaia di migliaia di elettori che non vanno più alle urne perché delusi dalle promesse tante volte pronunciate e mai mantenute.
Una tra le più importanti balza prepotentemente in primo piano proprio in questi frangenti ed è quella legata a una legge sul conflitto di interessi. Il centrosinistra per due volte è riuscito ad andare a Palazzo Chigi e per due volte non ha ritenuto che il conflitto di interessi fosse davvero un’emergenza nei fatti oltre che nelle parole.
Se il centrosinistra non avesse tergiversato e tradito la fiducia di milioni di elettori, oggi non saremmo in questa condizione in cui l’emergenza democratica non è un rischio, bensì una realtà. E la libertà di stampa non deve e non può interessare soltanto me e i miei colleghi giornalisti: deve fare parte della vita di chiunque creda davvero nella democrazia con la sua separazione di poteri e con il suo complesso ma insostituibile sistema di controlli e contrappesi che ne garantisce la sopravvivenza.
Perché questa volta dovremmo credere alle promesse del Pd? Sinceramente non lo so, ma sono sicuro che se qualcuno desse davvero l’impressione di credere in quello che promette e se sul conflitto di interessi si impegnasse con forza, molti tornerebbero a votare volentieri.
Poi ci sono molte altre cose su cui impegnarsi, ma su queste tornerò domani.
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