mercoledì 27 ottobre 2010

Costituzione ed economia

Per Emma Marcegaglia sembra essere diventato una specie di mantra. «Il Paese – dice – non può permettersi una crisi» di Governo, «non può pensare di andare a elezioni anticipate e ad una campagna elettorale disastrosa in un momento come questo».
A prima vista sembra essere una frase quasi ovvia, ma ci piacerebbe molto se la presidente di Confindustria si chiedesse anche se può questo Paese permettersi di rimanere ulteriormente paralizzato da un governo che da anni non ha fa nulla né per l’economia, né per i suoi cittadini e che si occupa quasi esclusivamente di risolvere, fuori dalle aule dei tribunali, i problemi giudiziari di Berlusconi?
La risposta, mai nettamente esplicita, è sempre sottintesa con forza dagli ambienti confindustriali e dice più o meno così: finiamola di parlare dei problemi di Berlusconi con la giustizia e concentriamoci sull’economia.
Possiamo essere d’accordo se questo vuol dire che non si parla più di lodi, leggi ad personam, processi brevi e via inventando.
Ma se invece vuol dire che – ammesso che questo governo abbia capacità e armi per farlo – per salvare le industrie (e sperabilmente l’economia, anche se nessuno parla di occupazione) occorre lasciar sacrificare la Costituzione e i suoi mirabili equilibri sull’altare degli interessi personali del presidente del Consiglio pro tempore, allora fermiamoci pure. Dalle crisi economiche si può uscire stringendo la cinghia; per tornare a regole democratiche dopo averle perse, i sacrifici da chiedere alla gente possono essere molto più forti.

lunedì 18 ottobre 2010

Pensieri e sondaggi

Il cancelliere tedesco Angela Merkel, parlando al congresso giovani della CDU, afferma che il modello di una Germania multiculturale, nella quale coabitano armoniosamente culture differenti, è «completamente fallito». Non lo dice perché ci creda, ma soltanto perché sta cercando di recuperare spazio a destra in un momento in cui i sondaggi la danno in calando.
Negli Stati Uniti Obama sceglie di non appoggiare la proposta californiana di liberalizzare la vendita della marijuana non perché ne sia convinto, ma in quanto i sondaggi gli fanno scegliere quella strada.
A Roma, davanti a una manifestazione sindacale della Fiom, una parte del centrosinistra, storce il naso perché alcuni sondaggi dicono che è più utile stare con i cosiddetti benpensanti che con chi è senza lavoro, o sta rischiando di perderlo, e che comunque arriva a stento a fine mese.
Non occorre ricordare che Berlusconi, vero maestro in questo campo, ascoltando i sondaggi non soltanto diventa di volta in volta operaio o imprenditore, laico o clericale, filoarabo o filoisraeliano, amico della Russia, degli Stati Uniti, della Cina, della Libia e di tutto il resto del mappamondo, ma addirittura inventa lusinghieri risultati di sondaggi che lo riguardano perché è convinto che tutti ragionino come lui.
Verrebbe davvero voglia di alzare bandiera bianca e rassegnarsi al fatto che è il pubblico – in pratica il mercato – a ispirare la politica, ma non si può davvero capitolare così. È compito della politica pensare al bene della società e progettarlo, a prescindere da quello che pensano alcuni, o anche tanti, in quel momento. E poi di sottoporre il proprio progetto al giudizio della gente.
Oggi sembra che nella maggior parte dei casi i progetti non esistano più; che gli stessi pensieri non esistano più.
Sarei curioso di vedere cosa succederebbe se qualcuno provasse a impostare la propria azione sul ragionamento, sul rigore e sulla coerenza basata sui valori nei quali crede. Probabilmente i sondaggi mi danno torto, ma credo davvero che riuscirebbe ad avere successo.

domenica 3 ottobre 2010

Un dio che spero non esista

La bestemmia di Berlusconi è stata sicuramente, come ha detto “L’Osservatore Romano”, «una deplorevole offesa ai credenti», ma è anche stata di grande utilità non per mettere in luce la già ampiamente conosciuta bassezza, non soltanto in centimetri, del presidente del consiglio, ma anche – e forse soprattutto – per gettare nuova luce sui rapporti tra la Chiesa e Dio.
Ci sono persone che non credono in Dio e bestemmiano quasi sovrapensiero, quasi fosse un normale intercalare, e quindi non se ne pentono. Ce ne sono altre che bestemmiano in momenti di particolare tensione e se ne sentono fortemente colpevoli. Altre ancora che nominano il nome di Dio invano in momenti difficili e se ne dolgono, ma sono anche convinti che Dio li perdonerà: «Le bestemmie degli alpini non salgono al cielo», dice un detto famoso coniato dalle penne nere durante la prima guerra mondiale. Tutte queste categorie di persone sono comunque convinte che Dio abbia nei nostri confronti un giudizio univoco davanti a un univoco comportamento.
Grazie alla bestemmia di Berlusconi apprendiamo, invece, che nelle alte sfere della Chiesa qualcuno – forse uno solo, o almeno speriamolo – pensano che Dio cambi il proprio giudizio a seconda dell’importanza delle persone coinvolte. E così sentiamo monsignor Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, che aveva accolto con grande favore la squalifica per calciatori e allenatori sorpresi a bestemmiare sul campo di gioco, affermare che, per quanto riguarda Berlusconi, ci sono casi in cui «bisogna saper contestualizzare».
A dargli una teorica man forte si precipita l’ineffabile e rigidissimo Giovanardi, un vero fondamentalista cattolico a parole per quello che gli interessa, che afferma che molto più grave della bestemmia è «registrare una conversazione privata e renderla pubblica».
Ma torniamo a Fisichella che ha sempre sostenuto a spada tratta – lo ricordo molto bene in un dibattito con lui che ho moderato a Illegio – la lotta contro il “relativismo etico” e la perdita dei valori della nostra società, ma che dimentica tutto per inchinarsi davanti al signore. Quello con la “s” minuscola, ovviamente, anche perché pro tempore; mentre quello con la “S” maiuscola è per l’eternità.
E fermiamoci anche a considerare che nella Chiesa – a differenza di quello che pensavamo – evidentemente esistono svariati Dei diversi tra loro, perché fortunatamente quello di Fisichella non è certamente uguale a quello della quasi totalità dei preti, vescovi e cardinali.
Io non so se credere o meno a Dio. Ma ho una certezza: quello di Fisichella – ingiusto e prono al supposto potere terreno – spero davvero che non esista.