giovedì 25 febbraio 2010

Tra Peteano e il Mittelfest

Talvolta due notizie che apparentemente non hanno nulla in comune tra loro, se messe in contatto l’una con l’altra, fanno scattare una specie di forte corto circuito nella nostra mente. A me questo è accaduto leggendo nella stesso giorno della morte di Carlo Cicuttini e del continuo rinfocolarsi delle polemiche attorno all’edizione 2009 del Mittelfest.
Dell'uomo, spentosi nell’ospedale di Palmanova a causa di un tumore che lo stava divorando da un anno, si può ricordare che era stato condannato all’ergastolo perché riconosciuto autore della telefonata trappola che attirò a Peteano cinque carabinieri davanti alla 500 imbottita di esplosivo che, all’apertura del bagagliaio, deflagrò uccidendo tre militari e ferendone altri due.
Delle polemiche si può dire che sta acquistando finalmente dimensioni precise l’insuccesso economico della gestione Devetag che nel 2009 ha causato un buco di quasi 300 mila euro ai quali si deve aggiungere anche la “vaporizzazione” dei 65 mila euro lasciati come avanzo attivo dalla gestione diretta da Moni Ovadia e Mario Brandolin e presieduta da Furio Honsell.
Delle dimensioni dell’insuccesso artistico e scientifico, invece si era già perfettamente a conoscenza. Un solo esempio: conservo con piacere le fotografie della chiesa di San Francesco strapiena di gente, che talvolta non è neppure riuscita a entrare tutta e ha dovuto ascoltare dal sagrato, durante la serie dei Mittelincontri da me organizzati nelle edizioni del 2007 e del 2008. Immagini che diventano ancora più significative se accostate a quelle di un incontro della scorsa estate in cui sulle sedie della chiesa si possono contare 19 (diciannove) persone di cui almeno 8 erano autorità presenti per obblighi istituzionali.
Ma è dal punto di vista etico che il Mittelfest della gestione Devetag, verbosamente sostenuto da Saro e ora tardivamente ripudiato da Fontanini, mostra il suo lato peggiore. Infatti, nell’ansia di utilizzarlo come clava politico, o, meglio, come lavatrice capace di ripulire qualsiasi colpa, gli organizzatori hanno chiamato sulla platea di Cividale anche i protagonisti di Gladio, l’associazione segreta che doveva difendere l’Italia dall’invasione dei comunisti, e hanno permesso che gli “eroici” gladiatori reclamassero per sé onori civili e militari millantando opere buone per la nostra nazione, sostenendo che mai erano stati condannati per la loro opera, ma ovviamente dimenticando di ricordare al pubblico che proprio da uno dei loro “nasco”, dove celavano i loro armamenti, proveniva l’esplosivo che uccise tre carabinieri a Peteano.
Colpevoli Devetag e i suoi più o meno consapevoli complici nel lasciar parlare a ruota libera i “gladiatori”. Colpevoli, ovviamente, i gladiatori ai quali non è parso vero di poter ricostruire per sé una falsa verginità senza che nessuno obbiettasse nulla. Ancora più colpevoli noi – o almeno io – che, intuendo perfettamente quello che stava per succedere sulla ribalta cividalese, ce ne siamo rimasti in disparte senza intervenire per rintuzzare bugie e omissioni degli “eroici patrioti” incapaci di vergogna.
Il corto circuito è questo; ed è fortissimo perché mi ha richiamato alla memoria la scelta stupida e vigliacca di non andare lì per ricordare la verità. Molto spesso, infatti, non serve alzare la voce: basta soltanto ricordare la verità.

giovedì 18 febbraio 2010

Nuovi decaloghi?

Troppo facile indovinare il fatto che l’unica reazione di Berlusconi davanti agli scandali delle corruzioni legate alla Maddalena, ai Mondiali di nuoto, al terremoto e a mille altri opere cosiddette “grandi”, sarebbe stata quella di esigere una legge restrittiva sulle intercettazioni telefoniche. Forse non ci saremmo aspettati che dicesse che i giudici devono vergognarsi e che contemporaneamente evitasse di parlare dei corrotti e dei corruttori, ma evidentemente si tratta di un nostro difetto di immaginazione.
Molto di più mi colpisce che proprio nel momento in cui torna sotto i riflettori il marciume immorale e amorale nel quale affonda l’Italia, i vescovi alzino la voce non contro chi trasgredisce al settimo (Non rubare) e al decimo comandamento (Non desiderare la donna d’altri), quasi sicuramente infrangendo anche l’ottavo (Non dire falsa testimonianza), molto spesso il sesto (Non commettere atti impuri) e rischiando fortemente di compromettersi anche con il quinto (Non uccidere), ma che invece si scglino dalle colonne del loro giornale contro Emma Bonino, candidata del Pd alle regionali del Lazio, che ha la grave colpa di essere radicale.
Piccola cosa, si dirà, perché le raccomandazioni dei vescovi interessano soltanto ai fedeli. Grande cosa, secondo me, non perché ritengo che questo intervento possa influire molto sui risultati elettorali, ma in quanto secondo me rischia di influire ulteriormente nel deteriorarsi dei rapporti di molti con una Chiesa che interviene pesantemnente nella politica non per moralizzarla, ma solo quando teme che a essere eletto sia qualcuno che probabilmente non sarà ubbidiente.
Nel cristianesimo ci sono forse nuove regole in seguito alle quali davanti a certi peccati si possa fare spallucce mentre davanti ad altri, invece, si debbano lanciare anatemi? Non lo sapevamo. Ma se così fosse ci piacerebbe che questi nuovi tipi di decaloghi - ammesso poi che le prescrizioni rimangano dieci -  fossero resi pubblici.

giovedì 11 febbraio 2010

Le fondamenta e la facciata

Mentre continuano a essere formulate accuse gravi non soltanto contro il presidente del consiglio, ma anche e soprattutto contro larghi strati del suo apparato di governo, ultimo in ordine di tempo il sottosegretario Guido Bertolaso, già destinato da Berlusconi a qualche dicastero, e mentre c’è da scommettere che da oggi ci sarà una nuova campagna contro le intercettazioni telefoniche, visto che anche l’ultimo scandalo si è autorivelato via telefono, mi sembra molto opportuno fare alcune riflessioni partendo dai commenti al mio intervento precedente su questo blog.
Leggendo le parole intime e sofferte di Eline e di Maria Zaffira Secchi e quelle un po’ burbanzose di Silvano R., viene naturale chiedersi cosa sia davvero questa “menzionata” – come dice Silvano R. – democrazia. E una prima risposta, visto che anche il mio ultimo interlocutore, come tutto il Pdl, parla soltanto di numeri, vorrei darla ricordando che le elezioni sono condizione necessaria, ma non sufficiente per stabilire se in democrazia davvero siamo. La condizione necessaria, invece, resta la potestà popolare di poter cambiare idea e, con questa, governo; anche prima, ove necessario, dei canonici periodi elettorali.
Per capirci con un esempio che non intende fare parallelismi con il presente, i tedeschi hanno sicuramente portato al governo Hitler con elezioni regolari, ma poi non hanno più potuto disfarsene anche se il suo regime era diventato quanto di più criminale si possa immaginare. Si dirà: ma la maggior parte dei tedeschi era nazista, come la maggior parte degli italiani era fascista. Giusto, ma una vera democrazia continua a mantenere in sé gli anticorpi – i due più efficaci si chiamano etica e informazione pluralista – capaci di mettere al riparo dalle derive autocratiche.
Ripeto: il paragone tra allora e oggi va limitato esclusivamente al livello di analisi sul valore dei risultati elettorali e su quello dei meccanismi democratici, anche se il razzismo leghista e il populismo e il machismo berlusconiano secondo me sono forieri di gravi rischi anche in una gestione dei diritti e dei doveri sempre più caotica e sempre più iniqua visto che stiamo attraversando una stagione nella quale, pensando a sé, i diritti valgono infinitamente più dei doveri, mentre pensando agli altri accade esattamente l’opposto. E, poiché questo succede anche a livello istituzionale, possiamo dire che è stato legittimato l’egoismo come forma politica e anche di riconoscimento sociale.
Ed è in questo inesausto darsi da fare per allargare la sfera dei diritti propri e dei doveri altrui che si sta consumando il crepuscolo di un’Italia i cui cittadini non hanno mai saputo fare i conti con la propria storia comune; figuriamoci con la propria storia personale.
Ed è così che molti dei nostri politici più potenti, ma anche di mezza tacca – magari potessimo vederli tutti in uno schieramento soltanto – si convincono di agire non contro la legge, ma al di fuori o al di sopra della legge. E non si rendono conto che il loro agire in questo senso è addirittura più grave in quanto contribuisce a demolire per tutti un edificio di regole che loro stessi vogliono dimostrare che sono relative e non assolute.
Certi si accodano e approfittano dell’andazzo. Certi altri si rassegnano, ma c’è da chiedersi quale sia il confine tra rassegnazione e connivenza.
Dicevo prima: magari potessimo vedere questi politici che non si ritengono uguali agli altri in uno schieramento soltanto. E allora diventa per me obbligatorio dire perché scelgo comunque il centrosinistra e non il centrodestra anche se, come dice Silvano R., “la gente non vota dalla vostra parte, o continua a votare dalla parte opposta”.
Il perché è presto detto: almeno come principio – e non è davvero poco – la parte che scelgo parla di solidarietà, di uguaglianza di desiderio di bene comune e rifiuta ogni discriminazione legata a colore della pelle, lingua, nazionalità, religione, gusti di abbigliamento, gastronomici o sessuali.
Potrebbe anche bastare. Ma ulteriormente importante è il diverso atteggiamento degli uomini pubblici che si trovano invischiati in scandali di vario tipo: nel centrosinistra il 95 per cento abbondante si dimette e si mette a disposizione della magistratura; nel centrodestra il 100 per cento resta al suo posto e vorrebbe far dimettere – o, per essere più precisi, dismettere – i magistrati.
Razionalmente e anche statisticamente mi sembra impossibile che tutti gli innocenti siano a destra e tutti colpevoli a sinistra. E a dimostrarlo ci sono anche delle sentenze di Cassazione. Se poi dicono che Berlusconi deve governare e non ha tempo da perdere con la giustizia, su questa teoria ci sarebbe molto da discutere. Ma totalmente indifendibile è il, tentare di estendere i benefici a ministri, sottosegretari, parenti e amici.
È incontrovertibilmente vero che tutti sono innocenti fino alla definizione definitiva di un giudizio che indichi il contrario, ma devo ammettere che quando vedo che qualcuno tenta di sfruttare tutti i trucchi legali possibili per evitare il giudizio e addirittura, se questi non gli bastano, fa votare leggi che cambino le regole del gioco, depenalizzino reati, anticipino le decorrenze dei termini e tentino di sottrarre al giudizio anche coloro che potrebbero involontariamente coinvolgere colui che “deve” governare, allora non riesco a togliermi dalla testa lo sgradevole sospetto che quel qualcuno possa essere davvero colpevole.
E allora, se il voto ci ha dato torto, in attesa di uno che ci dia ragione, sono convinto che sia ancora fondamentale “resistere, resistere, resistere” esplicitamente e pubblicamente perché sono sempre le regole e l’etica a essere le fondamenta della democrazia. Il voto resta sempre soltanto la facciata. E questo vale a prescindere da chi vinca perché in nessun caso – e questo la storia ce lo insegna clamorosamente – chi riceve più voti, o più applausi ha anche automaticamente ragione.

martedì 2 febbraio 2010

La tentazione sbagliata

Alla fine verrebbe voglia di dire: «D’accordo, tenetevi pure l’immunità e l’impunità». Verrebbe voglia di dirlo perché mentre la cassa integrazione sta finendo per centinaia di migliaia di lavoratori che si ritroveranno disoccupati e senza la possibilità di mantenere se stessi e i propri cari, e mentre aumentano sempre di più le industrie in crisi, quasi tutta l’energia del governo Berlusconi è impiegata per togliere al cavaliere la preoccupazione di dover fare come gli altri cittadini e sottoporsi alla giustizia italiana.
Di sostegni alle famiglie e alle imprese non si parla; sulla crisi non si dice più che si tratta di disfattismo e pessimismo perché una simile tesi è diventata troppo ridicola anche per il più cieco dei seguaci del presidente del consiglio, ma semplicemente si fa finta che sia già stata superata; si millanta un grande attivismo facendo sconti limitati a chi va in ferie in bassa stagione e in posti sconosciuti, prestando – sempre a interesse, s’intende – denaro a chi mette al mondo un figlio, permettendo di interrompere per un anno le rate della restituzione dei mutui – ma non degli interessi – a chi proprio non ce la fa.
E contemporaneamente l’onorevole Ghedini è attentissimo non soltanto a trovare nuove scappatoie di legge e a creare nuove leggi che offrano scappatoie al suo datore di lavoro più assiduo, ma anche a far partire immediate querele contro Ciancimino junior quando accenna a rapporti tra mafia e politica e mafia e affari. E intanto il senatore Giuseppe Valentino, sempre del Pdl e sempre a proposito di mafia, rende praticamente impossibile utilizzare le confessioni dei pentiti.
Verrebbe voglia di dire: «D’accordo, tenetevi pure l’immunità e l’impunità». Ma sarebbe sbagliato perché in questo Paese abbiamo già perso troppe cose. Se perdessimo anche la speranza che la nostra Costituzione possa avere un senso reale non ci rimarrebbe praticamente nulla.