Per convincercene basta osservare nei dettagli la riforma costituzionale “della giustizia” nella quale ci si ferma soprattutto a considerare la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante e a mettere in rilievo che questo era il progetto di Licio Gelli e della sua P2, il sogno di Berlusconi, un obbiettivo primario di quella destra che sta cancellando per legge molti reati dei cosiddetti “colletto bianchi”, mentre ne inventa di nuovi per tutti coloro che non sono d’accordo. Intanto la stragrande maggioranza della magistratura stessa la considera una mordacchia proprio contro i giudici: alla faccia della tanto sbandierata separazione dei poteri.
Secondo me, però, l’agonia della democrazia la si può ancor meglio contemplare in quello che è considerato un aspetto accessorio della riforma e che, invece, è una specie di cartina al tornasole della reale aderenza dell’attuale maggioranza allo spirito democratico. Mi riferisco al sistema di designazione dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura, anzi dei due CSM che saranno necessari dopo l’approvazione di questa legge costituzionale che è stata scritta dal governo in carica, che, per sicurezza, ha addirittura impedito che il Parlamento, prima di votare, potesse presentare le proprie controproposte.
La designazione, infatti, secondo la nuova legge, sarà effettuata non per elezione, ma per sorteggio. Ora ripensate al primo comma dell’articolo 1 della nostra Costituzione: «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». Lasciamo per un momento perdere le considerazioni sul lavoro che, molto spesso, se c’è, non è né dignitoso, né in grado di fornire i mezzi per vivere dignitosamente, ma ditemi: cosa c’è di democratico in un sorteggio? E come può la politica abdicare alla propria natura che prevede obbiettivi, discussioni e scelte, per preferire il caso?
La risposta è semplice: perché in nessun’altra maniera, almeno per un congruo numero di anni, la destra potrebbe sperare, viste anche le sue leggi e i suoi condoni sempre assolutamente diretti verso una sola e ben identificata parte della popolazione, di raggiungere una maggioranza per via elettorale nel, o nei, CSM. Senza tener conto che è decisamente più facile pensar di taroccare un sorteggio che un’elezione.
Interessante, oltre che rivelatrice, è anche la motivazione con la quale si giustifica questa scelta: bisogna limitare lo strapotere delle correnti interne alla magistratura, come se le associazioni di persone che la pensano in maniera molto simile fosse un ostacolo alla democrazia. Vista la loro evidente insofferenza nei confronti di una Costituzione nata tenendo ben presente il drammatico e schifoso ventennio fascista in cui il pensiero unico era obbligatorio, sarebbe il caso di ricordare a Meloni e complici, di cui il ministro Nordio è soltanto quello più in vista, che l’artico 18 della nostra carta dice che «I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale» e che l’articolo 49 addirittura precisa: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».
Le cosiddette correnti, insomma, altro non sono che piccoli partiti di interesse settoriale che hanno il diritto di vivere e di comportarsi come i fratelli maggiori perché sono proprio loro le arterie che, tramite il concorso di tutti quelli che si impegnano in tal senso, portano il sangue politico che nutre la democrazia. Combattere le correnti equivale a combattere i partiti, proprio come avveniva nei vent’anni dominati da quel Mussolini di cui il presidente del Senato, seconda carica dello Stato, tiene orgogliosamente il busto nella propria abitazione.
Sarebbe interessante ascoltare la risposta che la destra darebbe, ora che è al potere, a un’assurda richiesta di sorteggio, al posto delle elezioni, per il Parlamento allo scopo di combattere lo strapotere dei partiti politici e delle loro segreterie.
Ivano Fossati concludeva cantando: «Cara democrazia, ritorna a casa che non è tardi». È vero, ma perché questo possa avvenire è necessario che le si aprano nuovamente le porte, parlando, scrivendo, manifestando e, alla fine, tornando ad andare a votare. In ballo c’è proprio la democrazia e, quindi, la libertà.
Io ci sono!
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