sabato 26 aprile 2025

Gli invasori di diritti

Ieri a Udine ha piovuto insistentemente per tutta la mattinata. Eppure non ho mai visto tanta gente presente alla celebrazione del 25 aprile. Poi ho seguito alcuni canali televisivi (ovviamente non tutti) e ho guardato piazze stracolme e lunghissimi cortei di gente che acclamava la Resistenza. E la stessa cosa l’ho vista nelle fotografie postate su internet.

È ovvio che il cuore si è allargato perché nel buio più assoluto basta un lumino, per quanto fioco, per rafforzare la speranza che questa maledetta notte debba pur finire. Ma contemporaneamente ha continuato a grattare nel cervello l’urticante constatazione che a votare va soltanto la metà, o poco più, degli italiani e che quelli che restano a casa non sono certamente coloro che l’antifascismo lo odiano perché lo vedono come una testimonianza della sconfitta dell’ideologia che aveva massacrato l’Italia fino a ottant’anni fa e che loro rimpiangono. E con questa constatazione, c’è anche la parziale conferma che, come diceva Krippendorff, «l’insoddisfazione è il vero motore della sinistra». Dico “parziale” perché l’insoddisfazione porta anche alla costante ricerca dell’ottimo e alla sottovalutazione del buono.

Questo è un difetto costante nei progressisti italiani fin dai tempi in cui l’unità d’Italia era ancora un sogno che appariva lontanissimo, un difetto che si è interrotto soltanto con la svolta di Salerno quando nell’aprile del 1944 – e siamo sempre nell’ambito della Resistenza – su impulso di Togliatti, le varie anime dei gruppi che combattevano contro i fascisti e i nazisti hanno deciso di mettere da parte temporaneamente le loro più o meno grandi divergenze politiche per creare un fronte unico contro chi aveva invaso l’Italia e contro chi l’aveva ceduta all’invasore. E a questo proposito mi piacerebbe sentire la definizione di patriottismo secondo La Russa e camerati assortiti.

Oggi, tranne per il fatto che non siamo direttamente in guerra, la situazione è simile perché non ci troviamo di fronte a invasori di territori, ma di fronte a invasori di diritti e l’unico modo per “tornar a veder le stelle” è quello di mettere temporaneamente da parte le divergenze su alcuni particolari politici ed economici e soprattutto molte egoistiche e scellerate ambizioni personali, per opporsi insieme a chi sta avvelenando la nostra democrazia e sta ignorando e stravolgendo l’anima della nostra Costituzione.

Forse nelle celebrazioni del 25 aprile sbagliamo a ricordare soltanto alcune individualità, alcuni episodi, alcune stragi nazifasciste, alcuni ideali: dovremmo ricordare più spesso lo spirito del CLN, del Comitato di Liberazione Nazionale, correggendo anche a muso duro quelli che si ostinano a cambiare il concetto di “liberazione” nel concetto di “libertà” perché i nostri padri si sono liberati di loro, mentre la libertà l’avevano già dentro: soprattutto quella di decidere di mettere a rischio la loro vita per assicurare la libertà a noi, indegni eredi.

giovedì 24 aprile 2025

Le differenze ineliminabili

È da alcuni anni che scrivo che il 25 aprile non è di tutti, ma in realtà sono davvero molte le cose che non sono di tutti. Se la vediamo in maniera diversa, questo vuol dire che siamo degli inguaribili sognatori, o, semplicemente, che preferiamo non vedere la realtà che ci circonda e che, piuttosto che affrontare discussioni e dissensi, siamo più che disposti a sdoganare l’ipocrisia di chi, tanto per dare un esempio, ogni tanto dice che è innegabile il significato e il valore di questa data, ma che proprio in quella data organizza una visita di Stato in Uzbekistan.

Per fortuna, a svegliare almeno qualcuno, ci sono persone come Francesco Borgonovo, vicedirettore de “La verità” (in questo caso una rara specie di ossimoro in una parola sola), che, fiero della propria inventiva, titola la prima pagina con “25 aprile: lutto nazionale” approfittando della genialata del governo che per la prima volta estende a cinque giorni il lutto nazionale per la morte di un Papa per riuscire a coinvolgere anche il 25 aprile, ottantesimo anniversario della Liberazione che per loro corrisponde a una sconfitta alla quale non si sono ancora rassegnati. Un lutto che, tra l’altro, è evidentemente a singhiozzo, visto che campionati e coppe di calcio, al di là del giorno della scomparsa di Francesco e di quello del funerale, proseguono tranquillamente.

E, a proposito di lutto e di ipocrisia, è molto difficile non provare rabbia nel pensare che adesso verranno a fare omaggio a Papa Bergoglio, personaggi come Trump, Milei, solo per fare due nomi, che lo hanno offeso indegnamente perché ricordava al mondo che il Vangelo predica esattamente il contrario di quello che loro combinano. E anche la sfilata dei finti dolenti nel Parlamento italiano ha lasciato un forte amaro in bocca sia per l’ipocrisia che abbiamo sentito, sia perché siamo sicuri che per gran parte dell’elettorato l’ipocrisia non è un difetto che possa impedire un voto in favore dell’ipocrita.

Un piccolo cenno anche alla sobrietà auspicata dal governo nelle manifestazioni del 25 aprile. Ebbene, se è difficile comprendere cosa possa voler dire “sobrietà” per personaggi come Meloni e Salvini che, mentre la televisione stata dando le notizie e gli aggiornamenti sulla colpevole strage di migranti avvenuta a Cutro, cantavano a squarciagola in un karaoke, è evidente che la Festa della Liberazione è naturalmente sobria perché non è possibile separare la gioia per la sconfitta del fascismo e del nazismo dal dolore per tutto coloro che hanno dato la vita per regalarci la libertà e la democrazia.

Quindi non solo il 25 aprile, ma nemmeno il lutto può essere di tutti perché ci sono differenze ineliminabili tra i modi di vedere il mondo da destra e da sinistra, due categorie politiche e sociali che non sono assolutamente scomparse, ma soltanto nascoste da coloro ai quali faceva comodo evitare confronti non annacquati.